In onda la censura al contrario: spente le telecamere dei media islamisti

15/07/2013
Egypttv

Ahmed Assem, 26 anni, fotoreporter della testata dei Fratelli musulmani Hurrya wa al- Adala (Libertà e giustizia) ha ripreso con la sua telecamera la sua morte per mano della polizia militare. Stava filmando gli scontri tra forze di sicurezza e folla al palazzo della Guardia presidenziale dello scorso 8 luglio, dove hanno perso la vita 54 sostenitori dei Fratelli musulmani, quando un cecchino che sparava ripetutamente dal tetto di un palazzo, ha puntato il fucile verso la telecamera e lo ha ucciso.

Nel mirino delle forze di sicurezza egiziane non ci sono solo singoli reporter islamisti, ma l’intero panorama mediatico sorto con l’inizio della presidenza di Mohammed Mursi il 30 giugno 2012. Prima di questa data, i Fratelli musulmani controllavano solo alcuni media. In particolare attraverso la rivista al-Dawa, gli islamisti hanno spiegato per anni al grande pubblico le tendenze sociali, politiche, economiche del movimento. Il giornale ha ospitato gli annunci pubblicitari di influenti famiglie della borghesia imprenditoriale e sostenitori della Confraternita: immobiliaristi, proprietari di industrie chimiche, banche, società d’investimento e industrie alimentari. Quando la carta stampata ha iniziato ad essere incalzata dal web, ikhwaonline.com – in arabo e in inglese – è diventato il portale di riferimento della Fratellanza.

Dopo le rivolte del 25 gennaio 2011 e in particolare in seguito ai successi elettorali del partito islamista Libertà e Giustizia e della galassia di movimenti salafiti, la stampa vicina alla Fratellanza ha conosciuto un boom senza precedenti. Sono nati decine di canali con programmi religiosi e letture del Corano. Sono fioriti i talkshow con riferimenti sociali, politici alla Fratellanza e nei telegiornali sono apparse quelle speaker velate che Hosni Mubarak aveva bandito dagli schermi della televisione di stato. 

Dopo il controverso colpo di stato del 3 luglio 2013, la censura dei militari ha colpito duramente Fratelli musulmani e i movimenti salafiti poiché questi canali avrebbero potuto incitare la folla a manifestare contro l’arresto dell’ex presidente e della leadership della Fratellanza. Basta osservare quanto accaduto la notte in cui Mursi è stato deposto. Sono state oscurate 14 reti televisive, in particolare le emittenti Misr 25, fondata dopo le rivolte del gennaio 2011; due emittenti salafite molto popolari: al-Nas (la gente) e al-Hafez (il guardiano); sono stati chiusi gli uffici cairoti della televisione satellitare al-Rahma, quelli della televisione giordana Yarmouk, del quotidiano Al-Quds al-Arabi. A finire nel mirino dei militari anche Al-Jazeera Mubasher, il canale in diretta del network qatarense. Nelle stesse ore le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sede del Cairo di Al-Jazeera, arrestandone il personale.

D’altra parte negli ultimi mesi, molti analisti, tra cui Fadi Salem hanno accusato il canale satellitare Al-Jazeera di appoggiare direttamente o indirettamente i Fratelli musulmani egiziani. Per questo, la notte del 3 luglio scorso, la rete del Qatar ha denunciato l’ingresso di militari in redazione, la detenzione di membri dello staff, mentre 22 tra giornalisti e tecnici si sono licenziati per protestare contro la decisione di impedire ad Al-Jazeera di proseguire la messa in onda dei programmi sul satellite di proprietà egiziana Nilesat. Inoltre, il procuratore generale ha spiccato un mandato di arresto nei confronti del direttore della sede del Cairo del canale. Abdel Fattah Fayed è stato anche espulso, insieme ad altri sei giornalisti, da una conferenza stampa delle Forze armate, lo scorso 8 luglio, con le accuse di mettere a rischio la sicurezza nazionale, mandando in onda immagini della guerra civile in Siria, in riferimento agli eventi egiziani.

E così, il black-out sui media islamisti ha portato i Fratelli musulmani a denunciare l’uso eccessivo della forza. I politici del movimento hanno ricordato che, nonostante vari casi di inchieste aperte contro giornalisti e comici critici verso la Fratellanza, tra i quali Bassem Youssef (Cbc) e il presentatore Gaber Al-Kharmouti (Ontv), nessun canale è stato chiuso nell’anno di presidenza Morsi.

Le epurazioni dei militari hanno colpito anche i vertici dei media nazionali in accordo con il presidente ad interim Adli Mansour. L’Assemblea generale dei giornalisti del quotidiano filo governativo Al-Ahram ha licenziato l’amministratore del giornale Mamdouh al-Wali, i dirigenti Abdel Nasser Salama e Mohmed Kharaga, che erano stati nominati durante la presidenza Mursi. Dal quotidiano si fa sapere che gli incarichi sono stati assegnati provvisoriamente ad altri uffici e che le nuove nomine saranno comunicate a breve.

Infine, ad entrare nel mirino dei militari è stato anche il canale satellitare Al-Arabiya, con sede a Dubai, che ha denunciato di essere vittima in Egitto di un ampio attacco cibernetico, dopo la destituzione di Mursi. Lo staff ha rilevato anche rallentamenti nel caricamento di pagine e video sul sito web del canale.

Se gli attivisti della campagna di raccolta firme per le dimissioni del presidente islamista Tamarrod (ribellione) vengono accusati dai sostenitori dei Fratelli musulmani di essere comparsi in programmi della televisione di stato per fomentare l’opposizione anti-Mursi, a reagire al black-out dei media islamisti sono intervenute le televisioni di tutto il Medio Oriente. E così, a coprire gli eventi delle manifestazioni pro-Mursi intorno alla moschea Rabaa El-Adaweya al Cairo, sono apparse le troupe della televisione giordana Yarmouk, le testate Zeitun, al-Mustaqilla e al-Hiwar.