Dallo schermo alla piazza, la distanza è breve. Prima di arrivare nelle strade egiziane, la polarizzazione tra islamisti e loro oppositori si è vista sugli schermi delle emittenti televisive. Da settimane infatti i canali privati che si oppongono al presidente islamista Mohammed Mursi – On Tv, CBC, Dream, Al Tahrir – si scontravano con i canali islamisti, alimentando sullo schermo una polarizzazione che si è poi vista nelle strade.
I media leali all’attuale dirigenza hanno accusato i propulsori del Tamarrod – la campagna di raccolta firme per sfiduciare Mursi che ha organizzato la manifestazione del 30 giugno – di offendere l’Islam e di essere atei e miscredenti. Alcuni imam salafiti – islamisti su posizioni radicali – hanno anche incitato l’uccisione degli avversari politici. Il 15 giugno, in occasione di una manifestazione per la Siria organizzata dal partito dei Fratelli Musulmani e dal presidente Mursi, la guida spirituale del gruppo islamista radicale Al-Gama’a al-Islamiyya, sheykh Abd El Maqsood, ha dichiarato halal – lecito per l’Islam – il sangue degli oppositori. La scena è stata mandata in diretta televisiva dai canali statali e dal portale egiziano della tv panaraba Al-Jazeera, ormai totalmente schierata con Mursi. A confermare la presa di posizione di questa emittente è stata anche la sostituzione del programma di Alaa al Aaswani, celebre scrittore egiziano tra le fila dell’opposizione, con quella dell’ideologo della Gama’a al Islamiyya.
Dagli studi egiziani di Al-Jazeera Misr, questo network ha raccontato in modo parziale gli eventi degli ultimi giorni. Il 28 giugno ha dato ampio spazio alle manifestazione degli islamisti in sostegno a Mursi, ignorando quasi del tutto quanto accadeva in una piazza Tahrir che si andava riempiendo di oppositori. L’unico politico intervistato in studio è stato il noto dirigente dei Fratelli Musulmani, Mohammed El-Beltagi. La copertura del 29 ha seguito la stessa linea. Mentre tutti i canali privati raccontavano quello che accadeva a piazza Tahrir, dove centinaia di migliaia di cittadini egiziani chiedevano la caduta di Mursi, Al Jazeera Misr ha preferito parlare del traffico, intervallando interviste rivolte quasi esclusivamente a esponenti islamisti. Soltanto Al-Jazeera International, tra i vari canali della storica emittente del Qatar, si è distinta per un approccio piuttosto neutrale.
Quanti hanno preso il telecomando in mano per accendere i canali privati vicini alle istanze di opposizione hanno visto tutta un’altra storia. Sin dal 28, On Tv ha fatto continue dirette da Tahrir mostrando la piazza rimasta strapiena e dando spazio ai giovani dei movimenti e alle figure di spicco dell’opposizione. Ha trasmesso tutte le conferenze stampa della campagna Tamarrod, tra cui quella del 29 Giugno, in cui è stato annunciato il raggiungimento di oltre 22 milioni di firme contro Mursi. Questo è stato infatti uno dei canali dove sono comparse numerose figure attive da sempre sul versante rivoluzionario. Da Amr Hamzawwy, politico appartenente a un partito di opposizione civile, allo scrittore Alaa al Aswani, passando per il coordinatore del Tamarrod Mohammed Badr.
La copertura del 30 non ha poi riservato sorprese sul versante mediatico, Al-Jazeera Misr e i canali islamisti hanno seguito l’unica piazza dove si ritrovavano i supporter di Mursi, mentre i canali anti-Mursi hanno seguito in diretta piazza Tahrir, dando spazio anche ai cortei che hanno attraversato interi quartieri del Cairo. In alcuni momenti, si è notata anche una grande differenza di luce nelle immagini che mostravano contemporaneamente le due piazze. Mentre l’immagine della piazza raggiunta dagli islamisti era piena di sostenitori di Mursi, Tahrir appariva molto più scura e decisamente più vuota. Sorgono quindi i dubbi – non confermati – sull’utilizzo di immagini di repertorio.
On Tv, ma anche Al Tahrir , CBC e Dream Tv hanno dato molto spazio all’opposizione laica, ma anche a numerosi esponenti di rilievo dei Fratelli Musulmani usciti dall’organizzazione ed ora molto critici nei suoi confronti. Da Kamal el-Helbawi, un compagno del fondatore della Confraternita Hassan al-Banna ed ex-portavoce per decenni dei Fratelli Musulmani in Europa all’ex vice della Guida Suprema Mohammed Habib, anch’egli molto efficace nella critica. Molto spazio ha avuto anche il giovane imam “rivoluzionario” di piazza Tahrir, Mazhar Shahin. La contro-narrazione andata in onda su questi canali privati che ha affiancato voci di anziani esponenti della Fratellanza a quelle di personaggi vicini alla piazza è stata molto efficace per decostruire il mito dell’islamicità dei partiti del cosiddetto islam politico. A riassumerla è anche un tweet di SandMonkey, da sempre attivista liberale: “attento mondo che l’Egitto ti manda un segnale: i musulmani stanno sfidando gli islamisti.”
Mentre l’Egitto è sospeso in un futuro incerto, in queste ore si sta assistendo a un importante cambiamento di vocabolario. I media vicini all’opposizione hanno cercato di decostruire la narrazione impostata dai gruppi dell’islam politico e propagata dai canali islamisti, che cerca di far passare la battaglia politica per una battaglia religiosa tra “fedeli e infedeli”. Quello che manca ancora però è la professionalità di un modo di fare giornalismo che tenga emittenti e giornalisti a debita distanza tra le parti. In un sistema informativo ancora in evoluzione, anche i mezzi di informazione devono capire che ruolo giocare. Se continuare a essere megafono del potere o dell’opposizione o cane da guardia dell’intero sistema politico.