Antenne turche in prestito ai Fratelli Musulmani

08/01/2014
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Il nuovo regime guidato dai militari spegne i canali che gli islamisti hanno usato per pubblicizzare il loro – deposto – governo e i Fratelli Musulmani tornano alle tattiche tipiche di un movimento clandestino. Censurati in casa, si attaccano all’antenna turca, la più attiva e accogliente delle frequenze in moto nella diaspora.

Il premier Racep Tayyp Erdogan affonda nella crisi più nera, ma non per questo decide di ritirare il sostegno garantito a quei Fratelli sui quali ha scommesso fior di quattrini. Porte spalancate quindi al loro progetto di creare a Istanbul gli studi della nuova televisione satellitare della Confraternita. Lanciato il 19 dicembre, il canale Rabaa (dal nome della piazza dove la Fratellanza si era arroccata per rivendicare la sovranità del deposto presidente islamista Mohamemd Mursi) è solo il primo megafono di cui si servirà quel che resta della Fratellanza. Mentre le autorità egiziane annunciano che i leder islamisti rischiano la pena di morte, i Fratelli della diaspora annunciano anche l’apertura di un nuovo giornale che avrà la redazione a Londra.

Il progetto di una televisione anti-regime che trasmette fuori dai confini nazionali non è una novità nella storia della regione. Alcuni analisti paragonano l’avventura di Rabaa a quella della radio lanciata dall’ex leader libico Muammar Gheddafi nel 1977. All’epoca il presidente egiziano Anwar Sadat stava iniziando a pensare di tendere la mano a Israele, ma molti degli egiziani che erano contrari a questa mossa e faticavano ad esprimere il loro dissenso in patria trovarono spazio sui microfoni della radio libica. Gheddafi non si faceva problemi a mandare in onda parodie dei discorsi di Sadat e prese in giro della sua propaganda.

 

Quasi quarant’anni dopo, scrive Nervana Mahmoud, “la Turchia sta emulando la Libia di Gheddafi” offrendo una piattaforma a un gruppo di uomini di affari affiliati con la Fratellanza che ha investito miliardi di dollari in questo canale per diffondere una cronaca islamista degli eventi in corso lungo il Nilo. Da cinque mesi, tanto la televisione di stato che i canali privati non fanno altro che puntare il dito contro quelli che chiamano “i terroristi neri che vogliono destabilizzare e distruggere il paese.” Un’ondata di nazionalismo ha messo a tacere anche le poche voci critiche che dopo aver contestato la dirigenza islamista si sono opposte allo spauracchio del ritorno di un regime militare.

Per i giornalisti di Rabaa, quanti hanno etichettato gli islamisti come dei terroristi non sono altro che dei golpisti, restauratori autoritari che hanno ribaltato la sovranità popolare, rendendo di fatto nulle tre ondate elettorali vinte dalla Fratellanza. Basta guardare un paio di dibattiti trasmessi sulla nuova emittente per capire il messaggio che vuole lanciare la Confraternita: “siamo noi l’unica avanguardia democratica contro il ritorno dell’autoritarismo.”

Ciononostante è difficile pensare che Rabaa sia l’arma vincente per centrare gli obiettivi della Fratellanza. Il nuovo canale potrà aiutare a mantenere i contatti con i sostenitori islamisti, ma difficilmente riuscirà a raggiungere scopi più ambiziosi.

Vista la composizione delle redazioni dei mezzi di comunicazione utilizzati dagli islamisti mentre erano al governo (dal canale Misr 25 al quotidiano Hurria wa al Adala) è difficile pensare che nello staff di Rabaa siano arruolati professionisti in grado di attrarre nuovi spettatori assetati di informazione bilanciata. Difficilmente quanti hanno smesso di guardare Al-Jazeera perché l’hanno accusata di essersi trasformata in acritico megafono degli islamisti considereranno Rabaa una valida alternativa. In aggiunta, già alla vigilia del lancio di questo canale, l’apparato mediatico egiziano ha messo in moto il suo meccanismo di diffamazione nei confronti della nuova emittente. Il soft power del neonato canale farà quindi fatica a contenere o compensare la rodata macchina della propaganda anti-islamista che ha conquistato i critici della Fratellanza e i restauratori nostalgici del vecchio regime.

Il futuro di Rabaa dipende anche dall’evoluzione della relazione tra il Cairo ed Ankara, la cui crisi ha toccato l’apice a novembre quando l’Egitto ha espulso l’ambasciatore turco, accusandolo di interferenza nelle questioni nazionali.

Mentre gli analisti attendono di misurare i successi del soft power islamista, gli internauti critici della Confraternita scatenano la loro fantasia. Nel web circolano locandine inventate di programmi prossimamente in onda su un immaginario palinsesto di Rabaa. Da Sharia and the City [1] a Breaking Haram [2]: i protagonisti di famosi serial televisivi americani seguono i tradizionali cliché arabisti trasformandosi in islamisti conservatori. Gli uomini hanno barbe lunghe e incolte e le donne sono completamente velate.

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Note

[1] Parodia di Sex and the City. La sharia è la legge islamica.
[2] Parodia di Breaking Amish.