I media tradizionali aumentano la Sisi-mania egiziana

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Sisi-mania: è questo il termine usato – e spesso abusato – dai media negli ultimi mesi in Egitto, per raccontare l’ondata di popolarità del capo delle forze armate, il gen. Abdel Fattah El Sisi.

Ovunque ci si giri, al Cairo, si trovano negozi o automobili con l’effige del generale. La sua popolarità è iniziata a crescere la scorsa estate dopo la deposizione del presidente Mohammed Mursi, ora sotto processo. I militari sono tornati nel “cuore” degli egiziani grazie a un’enorme ondata di nazionalismo, ma ad alimentare il mito di Sisi c’è anche un’efficace propaganda portata avanti dai media tradizionali.

Dal 3 luglio, giorno della destituzione per mano militare di Mursi, l’esercito si è avvalso del sostegno di televisioni, radio e giornali che nel primo anno di governo islamista avevano fatto opposizione contro i Fratelli Musulmani. Una strategia nata anche per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica la presa di potere e la conseguente repressione contro il movimento islamista, portata avanti in nome della lotta al terrorismo. La campagna si è poi affinata e concentrata sulla promozione della figura del generale El Sisi, dipinto come il salvatore della nazione.

Due video, che hanno fatto il giro del web negli ultimi mesi, dimostrano che cosa sta accadendo.
Nel primo video, trasmesso lo scorso ottobre da Rassd TV, canale vicino ai Fratelli Musulmani – El Sisi esprime l’intenzione di influenzare i media per rafforzare l’immagine e l’ideologia dell’esercito.

 

Il secondo video, diffuso sempre da Rassd Tv alcune settimane dopo l’altro leak, mostra il generale El Sisi invitare i giornalisti a promuovere la legge che imporrebbe l’ immunità legale nella sua carica di ministro della Difesa. In particolare si tratta della raccomandazione che il capo delle forze armate ha fatto a Yasser Rizk, direttore del quotidiano vicino ai militari Al-Masry Al-Youm. L’intervista integrale è stata poi pubblicata a puntate sul quotidiano, sia in arabo che in inglese.

 

Ai due video si aggiunge un altro episodio che ha suscitato scalpore tra l’opinione pubblica egiziana. Si tratta dell’affissione di due gigantografie nel casello all’ingresso della località marittima di Ain Sokhna, il giorno prima dell’Eid.
I manifesti sono stati poi rimossi alcuni giorni dopo, ma la foto ha fatto in tempo a fare il giro del web e dei social media.

(Tutto sommato non sembra un colpo di stato.)

 

Il tweet ha suscitato reazioni contrastanti e in molti hanno sottolineato l’intento di propaganda che sta dietro all’affissione dei manifesti.

 

(È una strada di proprietà dei militari, possono appendere la foto di una loro leva, del loro capo o dell’orsetto teddy bear per quanto ci possa interessare.)

(Può anche essere chiamato lavaggio del cervello a base di ipernazionalismo.)

 

Il giorno dopo @TheBigPharaoh annuncia che il manifesto è stato rimosso.

(Sembra che il grande poster di El Sisi nel casello di Ain Sokhna sia stato rimosso. Gloria a Twitter!)

(Ma questa azione non nega le sue intenzioni sfacciate. Ci riproverà in un altro modo, un’altra volta)

 

Dopo più di cinque mesi dal colpo di stato, la candidatura di El Sisi alle presidenziali resta ancora incerta. Ciò che è chiaro è che il generale mette in ombra quello che è il vero presidente ad interim egiziano, Adly Mansour. Proprio nell’intervista ad Al-Masry al-Youm, Sisi aveva dichiarato che riguardo alla sua candidatura “seguirà il volere di Dio”, espressione che da molti analisti è stata interpretata come un’apertura rispetto agli scorsi mesi quando la sua partecipazione alle elezioni era stata smentita.

La nuova ondata di nazionalismo, legata a doppio filo con l’immagine di El Sisi, lascia emarginati gli attivisti della prima ora della rivoluzione. La nascita della terza piazza dopo la deposizione di Mursi ha prodotto un seguito limitato così come la nuova formazione del “Revolutionary Path”. Un fronte che farà fatica a farsi strada nella polarizzazione politica attuale.

Una buona parte dell’opinione pubblica egiziana, intellettuali compresi, è passata dai valori di piazza Tahrir al supporto per i militari dopo un anno di strenua opposizione al governo islamista di Mohammed Mursi. Ma se su Twitter i membri della terza piazza hanno ancora uno spazio di discussione, lo stesso non accade nei media tradizionali.
Nel panorama mediatico sempre più polarizzato tra i sostenitori dei militari e quelli dei Fratelli Musulmani, in questi primi mesi di governo transitorio, le difficoltà sono raddoppiate per i giornali indipendenti. E la vera sfida, per chi rifiuta ogni tipo di schieramento, ancora prima dell’aggirare censure e arresti, sta nel trovare degli investitori.