“One Book, Many Communities”: la letteratura palestinese per tutti

10/02/2015
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Questo articolo è apparso su ResetDOC

C’è un romanzo palestinese che nello scorso mese di gennaio ha unito più di 40 città in sette stati diversi, Italia inclusa. È Ogni mattina a Jenin, di Susan Abulhawa (Feltrinelli, 2011; trad. di Silvia Rota Sperti), scelto dal network di attivisti Librarians and Archivists with Palestine (LAP) come primo libro per “One Book, Many Communities”, una campagna di lettura internazionale che ha l’obiettivo di celebrare la letteratura palestinese e sostenere il popolo palestinese.

Il network LAP si è costituito nel giugno del 2013, quando una delegazione di attivisti, operatori dell’informazione e bibliotecari provenienti da Svezia, Stati Uniti, Canada, Trinidad e Tobago, tutti a diverse forme attivi sul fronte della solidarietà con la lotta dei palestinesi per l’autodeterminazione, è volata in Palestina. Il viaggio era stato organizzato con l’obiettivo di raccogliere informazioni su come le voci palestinesi e l’informazione sulla Palestina raggiungono i media e il pubblico occidentali e come i palestinesi hanno accesso all’informazione. 

In Palestina, la delegazione si è coordinata con attivisti, accademici e bibliotecari palestinesi e i delegati internazionali hanno visitato musei, centri culturali e di ricerca, biblioteche di Gerusalemme e della Cisgiordania e hanno stabilito progetti di collaborazione e partecipazione attiva con gli attori palestinesi. Al loro ritorno è nato il LAP che, tra i vari obiettivi, ha quello di condividere le informazioni apprese durante il viaggio, oltre all’impegno ad abbattere le barriere mediatiche per far circolare i saperi sulla Palestina, la sua storia e i palestinesi.

L’idea della campagna letteraria è nata nell’estate del 2014, durante la guerra di Gaza, come ci ha raccontato Hannah Mermelstein, di LAP: “Noi membri della delegazione di New York ci siamo incontrati e abbiamo parlato di cosa potevamo fare come gruppo: è venuta così fuori l’idea di organizzare un reading di poesia e narrativa palestinese sulle metro di New York per “omaggiare la vita palestinese di fronte al massacro”. Allo stesso tempo però abbiamo deciso di lanciare una campagna più grande per celebrare la letteratura palestinese, con l’idea di raggiungere più persone attraverso il modulo “One town, one book” che già esisteva”.

Ogni mattina a Jenin non è stato scelto a caso. Il romanzo è l’opera prima di Susan Abulhawa, scrittrice palestinese che vive negli Stati Uniti e che di professione fa il medico: è una saga familiare che si snoda dagli anni ’40 ai giorni nostri attraverso le vicende della famiglia Abulheja, i cui protagonisti vivono in prima persona i principali eventi che cadenzano la storia della Palestina degli ultimi sessant’anni. Il romanzo, scritto in inglese, è stato tradotto in più di 25 lingue, compreso in arabo.  Proprio la sua straordinaria eco ha spinto gli organizzatori della campagna a sceglierlo come libro-guida dell’evento: “Ogni mattina a Jenin è stato scelto – afferma Mermelstein – perchè è un romanzo molto accessibile e ha appassionato moltissimi lettori. È in grado inoltre di condensare  molti eventi storici, essendo organizzato in ordine cronologico, ma è anche un’opera letteraria eccezionale. Lavorare con Susan e coinvolgerla nel nostro progetto, inoltre, è stato emozionante fin dall’inizio”.

Con circa 40 eventi organizzati in altrettante città, incluse Ramallah e Tel Aviv, gli organizzatori di “One Book, Many Communities” si sono detti molto soddisfatti, in particolare della reazione del pubblico che è stato coinvolto non solo dal romanzo, ma anche dall’aver partecipato ad un evento internazionale.

La campagna letteraria avrà probabilmente un seguito, per quanto gli organizzatori ancora non abbiano pensato a quale libro scegliere per il prossimo appuntamento, ma annunciano “Penseremo sicuramente a qualcosa che è stato tradotto in italiano, dal momento che gli eventi che si sono svolti in Italia (a Bologna, Bari, Roma, Genova, Mestre, Torino e Trieste) hanno rappresentato circa un quarto del totale delle iniziative!”.

Fortunatamente, scegliere tra i romanzi palestinesi tradotti in italiano non dovrebbe essere troppo difficile. Tra le letteratura arabe tradotte nella nostra lingua, quella palestinese, insieme a quella libanese ed egiziana, conta il maggior numero di titoli. Peccato però che alcuni capolavori, come le raccolte poetiche di Mahmoud Darwish, siano introvabili perchè l’editore ha chiuso bottega; o come il classico di Emil Habibi, Il pessottimista. Un arabo d’Israele, quasi irreperibile; molti altri invece sono pubblicati da case editrici piccole che difficilmente riescono a raggiungere il grande pubblico.

Ecco perchè eventi come questi, che si aprono a lettori e interessati di ogni provenienza, vanno sostenuti. Rappresentano un’ottima e felice opportunità: quella di coinvolgere ogni tipologia di lettore e fargli conoscere una letteratura, forse ancora, di sicuro immeritatamente, poco conosciuta.