L’attualità politica al centro del dibattito televisivo

29/04/2013
Tunisie320

Non solo costellazioni di nuovi partiti nella Tunisia del post Ben Ali. A proliferare sono anche i canali televisivi. Oltre alle reti già esistenti prima del gennaio 2011, Hannibal e Nessma TV, cinque nuove reti private hanno già ottenuto una licenza di emissione [1]. Altre otto emettono, spesso anche dall’estero, ma sono in attesa di autorizzazione [2].

L’ascolto dei dibattiti politici in onda su questi canali fornisce una chiave di accesso all’attuale realtà politica locale e un’analisi contenutistica dei principali programmi di attualità permette di rintracciare le due principali linee di pensiero presenti all’interno dell’Assemblea nazionale costituente. L’una, capeggiata dalle fila del partito islamico maggioritario Ennahda, milita per il ritorno della religione nelle questioni e negli atti di politica interna. L’altra, rappresentata dai partiti progressisti di opposizione, come il repubblicano Jumhuri e il Fronte popolare progressista, Fpp, vede nell’utilizzo della religione uno strumento di propaganda politica un fattore di ingerenza ad alto rischio visto che questa viene spesso usata per giustificare atti di violenza. Basta guardare Débat News, trasmissione che va in onda su El-Tunisia Tv. 

Nella puntata del 28 gennaio scorso, Neju Jallour, rappresentante del partito al-Jumhuri, e Abd al Azeq Ibn el Arbi, presidente del partito per la giustizia e lo sviluppo, si sono confrontati sul tema religioso. Nel corso della puntata, è emerso che la rivendicazione dell’identità musulmana del paese risulta essere alla base di ogni iniziativa politica di ispirazione islamica. Tale è il caso del progetto di islamizzazione del Ministero degli Interni, che secondo Jallour sarebbe già in piena fase di realizzazione.

A mostrarlo, sarebbero le parole pronunciate da Samat, del Ministero degli Interni, il quale ha recentemente affermato di voler organizzare dei corsi di religione rivolti al corpo di polizia e di aprire degli oratori di preghiera nelle centrali di polizia. Il potere decisionale degli Interni sarebbe dunque in mano ai vecchi nahdaoui, membri o simpatizzanti del partito Ennahda, la cui manifesta volontà di interferire nella legislazione tunisina con emendamenti di natura religiosa suscita aspre reazioni da parte degli schieramenti laici e progressisti. Per Ibn al Arbi, invece, la rivendicazione di appartenenza islamica è naturale per una popolazione che definisce la sua identità arabo-musulmana. Per il leader del partito per la giustizia e lo sviluppo, le accuse di islamizzazione del paese risulterebbero quindi “esagerate”.

Questo dibattito mediatico si è inasprito in concomitanza con l’assassinio, il 6 febbraio scorso, del leader del Fpp, Chokri Belaid. Intere trasmissioni televisive sono state infatti dedicate alle circostanze della scomparsa e ai probabili mandanti dell’omicidio. È risaputo infatti che le numerose accuse rivolte da Belaid a Ennahda e diffuse al pubblico attraverso i media risultassero a dir poco scomode per i membri di questo partito islamista. “Vogliono insegnarci la nostra ‘arabicità’, la nostra religione, la nostra politica, per nascondere l’assenza di un chiaro progetto politico ed economico (…). Loro, che si dicono uomini di fede, accusando di miscredenza noi tunisini” ha affermato Belaid durante la trasmissione Al hiwar al khass, trasmessa da Al- tunsiyya. Il leader del Fronte Popolare era inoltre a favore della riforma del Ministero degli Interni e della sicurezza, e voleva espellere gli elementi corrotti del vecchio regime penetrati nell’attuale classe politica. Nel corso della trasmissione “Con tutta la libertà” andata in onda l’8 febbraio su, Tunisie National 1, il ministro delle politiche sociali Khalil Zaouia ha definito l’omicidio di Belaid “un’esecuzione”. Ben Fadhel, del partito al Qutb, ha invece sottolineato la pericolosità di questo delitto perché “il gruppo che ha ucciso Chokri è un gruppo che conosce il popolo”, e fa leva sulle sue debolezze e paure.

Un altro tema oggetto di attenzione mediatica è l’ormai innegabile crisi del governo della Troika, ovvero la coalizione dei tre partiti di maggioranza in Costituente: Ennahda, il Congresso popolare repubblicano e Ettakattol. Nel corso di una puntata della trasmissione Siyassa show andata in onda l’1 marzo su Al-Watanya, sono state discusse le eventuali modifiche da apportare all’apparato burocratico-amministrativo per colmare il grande vuoto istituzionale del momento. Gli ospiti presenti, tra cui Ameur Layed, membro della direzione di Ennahda e Sayr Attaibi di Iter democratico, hanno discusso la proposta avanzata dall’opposizione e accolta favorevolmente da Ennahda di mettere a capo dei Ministeri di Giustizia, Interni ed Esteri delle personalità neutrali e svincolate dai partiti.

L’obiettivo di depoliticizzare i Ministeri non manca però di suscitare fondate perplessità. In un video mandato in onda nel corso della trasmissione Labna al-Jaridi, il rappresentante del partito Ettakattol afferma che la neutralità dei Ministeri risponde a un’esigenza collettiva di riavvicinare la politica agli interessi del pubblico e non del privato. Di diverso parere è Isan al-Shabbi, delle fila del Jumhuri, che mette invece l’accento sulla difficoltà di realizzazione di questa iniziativa, sottolineando che senza la certezza di una neutralità e un’indipendenza effettive dei Ministeri, il cambiamento rimarrebbe puramente nominale. Nel corso della diretta, Walid Bannani, di Ennahda, contesta l’intervento di al-Shabbi, mostrando fiducia per la riuscita della riforma e in generale per il futuro del paese. Bannani coglie inoltre l’occasione per rinnovare l’invito ad una più stretta collaborazione con il partito islamico, invitando l’opposizione a riconsiderare il ruolo del partito in questa delicata fase della transizione democratica. Anche se i protagonisti dell’Assemblea nazionale costituente hanno presentato progetti di riforma molto diversi tra loro, il portavoce di Ennahda rassicura sull’esistenza di un accordo generalizzato tra le parti, seppur senza specificare quale.

Da un ascolto degli interventi nel corso della trasmissione, si evince l’esistenza di un consenso generalizzato attorno a due grandi temi di attualità: l’urgenza della riforma delle istituzioni democratiche e l’arresto immediato degli episodi di violenza. Le modalità di azione e concertazione a medio e lungo termine rimangono tuttavia ancora da definire. Il progetto di riforma istituzionale non è l’unico a essere al centro del dibattito mediatico. Coerentemente con il  processo di democratizzazione del paese e di coinvolgimento del pubblico nelle questioni di attualità politica, l’azione mediatica focalizza l’attenzione su altri fronti di impasse decisionale, e rimanda l’immagine di una Tunisia fortemente divisa. “Il dizionario di politica”, trasmissione in onda su Kasbah TV, dedica spesso puntate ai temi dell’indipendenza del potere giudiziario e all’adozione della nuova Costituzione, da tempo fermi sul tavolo delle negoziazioni in Assemblea costituente.

D’altra parte, non mancano le iniziative di sensibilizzazione nazionale e internazionale. Il rappresentante delle Nazioni Unite in Tunisia Mohammed Belhocine ha indetto una Consultazione nazionale prevista per il 22 aprile 2013, in occasione della quale i funzionari delle organizzazioni internazionali e i membri di alcune Organizzazioni non governative saranno invitati a fare il punto della situazione e sugli avanzamenti in materie di democrazia e diritti umani a due anni dalla rivoluzione.

L’Alto Commissariato Onu dei Diritti dell’Uomo riafferma il suo sostegno al popolo tunisino e rinnova il suo impegno ad accompagnarlo nella creazione di Istituzioni democratiche e di uno Stato di Diritto. Al termine della consultazione, i partecipanti stileranno una serie di raccomandazioni finalizzate alla redazione del nuovo piano d’azione 2014-2017. L’approvazione del testo della nuova Costituzione tunisina, prevista per il mese di aprile 2013, pare dovrà attendere almeno il mese di luglio per essere definitivamente adottata, ma questa data potrebbe anche essere posticipata.

Sebbene il fervore del dibattito politico testimoni il superamento della fase di censura e l’esplodere, dopo anni di repressione, di un naturale conflitto socio-ideologico, l’avanzamento del processo di transizione democratica risulta essere in stallo e le conquiste in materia di uguaglianza, diritti e libertà gravemente minacciate.

Se il cammino democratico è iniziato, la strada da percorrere è ancora lunga. E forse molto più del previsto.

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[1] Al Hiwar al-Ttounsi, Golden TV, Ulysse TV, TWT, Khamsa TV. 

[2] Ettounsia TV, al-Janoubia, TNN, Zitouna, Tounisna, al-Insan, al-Mutawasset, TT1.