L’assassinio di Chokri Belaid: uno shock emotivo per le Tv arabe

18/02/2013
@ThBresillon320x135

Uno shock emotivo drammatico che ha messo i media arabi davanti a un prova del fuoco. L’assassinio del leader dell’opposizione tunisina Chokri Belaid è stato anche questo: un mix di condizionamenti che ha colpito giornalisti ed editori. 

Come spesso accade, la prima a darne notizia è stata l’emittente qatarense Al-Jazeera che ha iniziato trasmettendo un trafiletto in sovraimpressione, per poi interrompere la normale  programmazione e creare un collegamento telefonico in diretta da Tunisi. A seguirla è stata la saudita Al-Arabiya che ha cominciato con un collegamento dall’ospedale dove è arrivata l’autoambulanza di Belaid. Le due ammiraglie delle emittenti all-news pan-arabe sono state seconde soltanto alle radio libere locali. Durante la gestione dell’emergenza, queste sono state una preziosa fonte di prima mano. 

La copertura di Al-Jazeera è stata però quanto mai faziosa. Chi ricorda il servizio in diretta dedicato al ritorno dall’esilio del leader islamista Rashid Ghannouchi sa bene che l’emittente del Qatar sostiene il movimento islamista di Ennahda ora al potere. Questa volta però, Al-Jazeera ha superato i limiti imposti dalla deontologia professionale, fornendo notizie ritoccate. L’emittente è accusata di aver utilizzato immagini di repertorio o sequenze girate in città minori per mostrare le manifestazioni dell’opposizione in corso nella capitale. Al contempo, l’emittente qatarense è anche accusata di aver ingigantito le manifestazioni a sostegno degli islamisti, servendosi della tecnica delle inquadrature dal basso.

A svergognare Al-Jazeera è stata in primis la televisione tunisina Nesma che ha garantito a molte emittenti internazionali la fornitura delle riprese video in diretta delle manifestazioni, della contromanifestazione filogovernativa, dei funerali di Belaid e dello sciopero generale proclamato dal sindacato dei lavoratori tunisini. In un comunicato, la direzione di Nesma ha dichiarato che Al-Jazeera ha tradito l’onore del giornalismo onesto “perché oltre all’uso senza licenza delle nostre immagini, le ha, scorrettamente e fraudolentemente, montate su immagini di repertorio oppure su quelle provenienti da manifestazioni svoltesi in città minori”. Il quotidiano tunisino Al-Shorouq è andato ancora oltre. Il 10 febbraio ha accusato Al-Jazeera di aver premeditato la fabbricazione di un’altra realtà al fine di sminuire la portata della partecipazione popolare ai funerali e allo sciopero e per nascondere le parole d’ordine gridate contro il governo a guida Ennahda.Al-Jazeera ha montato voci delle manifestazioni pro governative sulle immagini dei funerali per far sembrare neutro il messaggio della protesta popolare in occasione dell’assassinio di Belaid” ha dichiarato il giornale.

Dal canto loro, le televisioni tunisine private, Nesma e Hannibal, hanno interrotto la programmazione del palinsesto per seguire in diretta il susseguirsi degli eventi. Collegamenti dalle piazze per dare la misura della grande mobilitazione in corso, dibattiti in studio per valutare la situazione politica e interviste per strada per percepire l’opinione pubblica. A dominare sono state le accuse rivolte dai dirigenti del Fronte Popolare tunisino – il cartello delle opposizioni progressiste e di sinistra – al governo e a Ennahda, entrambi additati come i responsabili dell’assassinio di Belaid. 

Nei confronti in studio e nel corso delle interviste, gli esponenti dell’opposizione di sinistra e i membri della famiglia Belaid hanno sottolineato le responsabilità dirette, non solo morali e politiche, del governo e di Ennahda. Durante i dibattiti che hanno seguito la diretta dei funerali, le televisioni tunisine hanno accusato il governo di non essere in grado di garantire protezione al leader dell’opposizione e di aver garantito copertura alle milizie armate salafite che avevano formato le “ronde per la protezione della Rivolzione”.  A smentire tutte queste accuse è stato Al-Baji Qaed al-Sibsi, l’ex premier tunisino durante la transizione, che ha dichiarato di non credere al coinvolgimento diretto di Ennahda. “Chi fa queste accuse deve attenersi ai fatti e non accusare a vanvera, perché di mezzo c’è il futuro del paese. Le responsabilità politiche del partito di Ghannouchi ci sono tutte” ha spiegato Al-Sibsi, riconoscendo il carente impegno del governo nella lotta contro l’estremismo. Il dibattito è stato poi traslato sullo scontro politico per la formazione del governo tecnico e sulle interferenze esterne, principalmente attorno al tema dello scontro tra Francia e Qatar sulla guida dei paesi delle Primavere arabe.

Se dalla Tunisia si cambia canale, spostandosi su altre emittenti nazionali arabe, si nota una condanna quasi unanime dell’assassinio. A fare eccezione sono le emittenti salafite egiziane che hanno denigrato Belaid, descrivendolo come un ateo, anti-musulmano e arrivando anche a giustificarne l’assassinio.

Traslando l’evento sul contesto politico egiziano e pensando all’opposizione che il Fronte di Salvezza Nazionale (Fsn) sta esercitando nei confronti della Fratellanza Musulmana, sheikh Mahmoud Shaaban, celebre telepredicatore degli schermi di Al-Hafez, ha colto l’occasione per emanare una fatwa nella quale ha autorizzato l’uccisione di “politici che offendono l’Islam”, menzionando anche Mohammed El-Baradei, leader del Fsn, ed estendendo l’offesa alla fede anche al “crimine” di “opporsi al presidente scelto dalla maggioranza dei musulmani”. A fargli eco è stato Khaled Abdallah sulla televisione satellitare salafita Al-Nas che in nella trasmissione “La lista nera” ha detto che Belaid “meritava la fine che ha avuto, perché era un megafono dei laici occidentalizzati. Sono i nuovi marines della parola al servizio dei loro padroni d’oltre confine. Ha avuto l’ardire –ha  continuato il farneticante predicatore – di pisciare sul sacro Corano”.

Temendo un effetto domino e l’ennesima escalation di violenza, tanto il governo egiziano che il gran imam di Al-Azhar hanno criticato la fatwa di Shaaban e gli echi che ha provocato. La speranza è che, diversamente da quanto è accaduto nel 2011, gli eventi tunisini non si propaghino in Egitto.

 

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La foto è stata trovata su Twitter, all’utente @ThBresillon