Dimissioni forzate per giornalisti emiratini in Qatar

20/03/2014
ajsport

L’attrito nato tra il Qatar e i suoi vicini del Golfo Persico rispetto all’appoggio garantito dal paese ai Fratelli Musulmani ha finito per riverberarsi sul comparto mediatico. Almeno otto giornalisti originari di Emirati Arabi e Arabia Saudita che lavoravano per testate mediatiche in Qatar sono stati recentemente costretti a dimettersi.

Le dimissioni fanno seguito alla decisione presa da Bahrein, Arabia Saudita ed Emirati Arabi di ritirare i propri ambasciatori dal Qatar, accusando le autorità della nazione di ingerenze nei loro affari interni. Il Qatar ha ottenuto notevole visibilità e notorietà dalla copertura che la sua emittente Al-Jazeera ha dato della primavera araba, ma anche in virtù dell’appoggio concesso al discusso esponente religioso egiziano Yusuf al-Qaradawi.

I tre stati membri del Ccg, il Consiglio della cooperazione del Golfo composto da Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, hanno cercato di convincere il Qatar a “smettere di sostenere i Fratelli Musulmani e di rappresentare un focolaio di dissidenza e attivismo non solo rispetto al mondo arabo in generale, ma anche per la regione del Golfo in sé”. A quanto pare i tre paesi hanno richiamato i propri diplomatici dopo che tutti gli sforzi in tal senso si erano rivelati infruttuosi.

L’ondata di dimissioni nel settore mediatico è partita l’8 marzo, quando due giornalisti sportivi degli Emirati – Fares Awad e Ali Al Kaabi – hanno comunicato su Twitter che stavano per lasciare il loro incarico di opinionisti analisti per il canale di sport di Al-Jazeera. A seguire, l’esperto di calcio emiratino Sultan Rashed ha annunciato la decisione di interrompere la collaborazione con l’emittente del Qatar BeIn Sports e il telecronista Hassan Al Jassmi ha dichiarato che non sarebbe più comparso sugli schermi di BeIn o Alkass, altro canale sportivo con sede in Qatar che trasmette le partite della Premier League inglese e della Liga spagnola a milioni di appassionati in tutto il Medio Oriente.

Nei post pubblicati via Twitter, Awad e Al Kaabi non hanno dato indicazioni rispetto al fatto che la scelta di dimettersi fosse stata loro imposta o meno. Ma il 9 marzo un editorialista saudita, Samar al-Mogren, che scriveva per il quotidiano del Qatar Al-Arab, ha twittato che “il ministero della Cultura e dell’Informazione saudita aveva deciso di interrompere la collaborazione dei giornalisti sauditi con le testate del Qatar”. E a tal proposito, Al-Mogren ha fatto anche i nomi di altri tre reporter di origine saudita che come lui non avrebbero più lavorato per giornali del Qatar.

Al pari di qualsiasi altra notizia che provenga da quella regione, anche questa non è stata del tutto chiara finché i governi non l’hanno formalmente ufficializzata. Il direttore di Al-Arab ha dichiarato ad Al-Jazeera che altri editorialisti sauditi non si erano affatto dimessi. Ma ha anche raccontato come un altro giornalista emiratino avesse interrotto la collaborazione più di un mese fa a seguito delle “pressioni esercitate dalle autorità del suo paese perché smettesse di scrivere per un giornale del Qatar”. Appare quindi lampante che i governi di Emirati Arabi e Arabia Saudita siano stati i veri registi di tutte queste dimissioni in ambito mediatico.

Oltre alla questione dei licenziamenti, gira anche voce che le autorità saudite chiuderanno la sede di Al-Jazeera a Riyad. E la testata araba Al-Hayat riporta anch’essa come dagli Emirati Arabi sia arrivata la richiesta agli inviati emiratini di interrompere le trasferte in Qatar.

La serie di dimissioni rappresenta un segnale importante dell’esacerbarsi della tensione tra il Qatar e i suoi vicini del Golfo. In particolare, Arabia Saudita ed Emirati Arabi sono preoccupati per l’influenza che i Fratelli Musulmani potrebbero guadagnare nei loro paesi. I due stati hanno concesso aiuti per miliardi di euro al governo militare egiziano che a luglio ha rimosso dal suo incarico il presidente Mohamed Mursi, esponente della Fratellanza. E l’8 marzo l’Arabia Saudita ha dichiarato i Fratelli Musulmani un’organizzazione terroristica.

Stando a quanto riportato dai giornali, inoltre, sempre l’Arabia Saudita avrebbe anche minacciato un blocco del Qatar via terra e via mare a meno che il governo non si decida a prendere provvedimenti per porre un freno alla Fratellanza, chiudere Al-Jazeera ed espellere dal paese due think tank americani.

A quanto pare, il Qatar non ha preso molto sul serio la minaccia del blocco navale, ma i confini via terra – dai quali passa una quantità enorme di merci e alimenti – potrebbero facilmente venir chiusi. La richiesta di far chiudere i battenti ad Al-Jazeera è alquanto pretenziosa. L’emittente vanta milioni di spettatori in tutto il Medio Oriente e nel resto del mondo. Al-Jazeera English merita tutto il rispetto possibile come vettore di giornalismo assolutamente responsabile, e in passato si è addirittura guadagnata le lodi dell’allora Segretario di stato americano Hillary Clinton. Sono stati i suoi canali di informazione in lingua araba a essere accusati di piaggeria nei confronti dei Fratelli Musulmani, di connivenza con i manifestanti e di istigazione alla richiesta di riforme nei paesi arabi.

L’Arabia Saudita, d’altro canto, promuove il proprio canale di informazione, Al-Arabiyya che gode di enorme popolarità in tutto il Medio Oriente. Lo stile di cronaca dell’emittente tende a mostrare un atteggiamento favorevole rispetto alle politiche saudite e in pochissime occasioni fa cenno a eventuali conflitti interni, come le proteste occasionalmente scoppiate nella parte orientale del paese.

Il governo del Qatar ha espresso “sorpresa e rammarico” per la decisione di ritirare gli ambasciatori da Doha, ma ha promesso di non richiamare i propri delegati come forma di ritorsione e ha ribadito il proprio impegno per la “sicurezza e stabilità” del Ccg.

 

Traduzione dall’inglese di Chiara Rizzo