Ramadan 2014: un’alleanza panaraba per fare fiction

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Chi pronosticava che la concorrenza dei mondiali di calcio o la situazione critica di molti paesi toccati dalle “primavere arabe” avrebbero impattato negativamente sulla produzione televisiva araba per il mese di Ramadan 2014 (iniziato lo scorso 28 giugno) ha dovuto ricredersi in questi giorni. Il trend generale conferma infatti la centralità della fiction seriale – la “portata” per eccellenza del consumo televisivo durante il mese sacro dell’Islam – nei palinsesti delle grandi reti panarabe di stanza nel Golfo, e dei canali d’intrattenimento libanesi che abitualmente partecipano alla competizione fra le soap opera (musalsal, sing., musalsalat pl.) trasmesse nel prime time del post-iftar, il pasto quotidiano di rottura del digiuno.

Nel periodo di Ramadan si concentrano i maggiori investimenti pubblicitari dell’industria televisiva regionale e i canali panarabi dedicano una grossa fetta di budget all’acquisto di musalsalat prodotte principalmente in Egitto e Siria. Ed è proprio l’instabilità politica in cui versano questi due paesi, insieme al mondiale di calcio che ruba pubblico e pubblicitari, ad aver indotto molti ad immaginare questo Ramadan 2014 come la stagione nera della fiction araba.

Eppure, telecomando alla mano, arriva la smentita. Le reti panarabe che tradizionalmente investono nella produzione di fiction – la saudita MBC di stanza a Dubai, i canali degli Emirati Abu Dhabi e Dubai TV – non sembrano aver tagliato fuori dai loro palinsesti le colorate saghe storiche, né le serie TV sociali o a tema islamico sviluppate su trenta episodi (uno per ogni giorno di digiuno, con il finale sull’Eid, la festa islamica che chiude il mese di Ramadan). Anzi, addirittura i budget produttivi per la fiction sembrano essere aumentati.

Guida il trend MBC, ammiraglia dell’MBC Group (di cui fa parte anche la all-news Al Arabiya), che punta la sua stagione di Ramadan 2014 sul blockbuster Saraya Abdeen (“Palazzo Abdeen”), un cast di stelle della televisione araba, dall’egiziana Yousra al siriano Qusay Khouli. La rete saudita ha fatto sapere che Saraya Abdeen ha superato in termini di budget produttivo persino Omar, la fiction seriale più costosa della storia della TV araba, co-prodotta nel 2012 da MBC e Qatar TV con una spesa stimata attorno ai 50 milioni di dollari.
Se questa serie TV sulla vita di Omar bin al Khattab, il secondo califfo islamico, è stata la risposta qataro-saudita alla scaltrezza delle fiction iraniane nel raccontare e rappresentare visivamente la vita dei Sahaba, i compagni di missione del profeta Maometto (cosa difficilmente accettata dall’Islam sunnita); Saraya Abdeen è la controffensiva araba al cool neo-ottomano degli sceneggiati turchi come Muhtesem Yuzyil (Il secolo delle meraviglie), l’epopea colorata di Solimano il Magnifico e delle sue donne che, doppiato in dialetto siriano, ha spopolato sui palinsesti panarabi.

Le reti del Golfo, un tempo restie a proporre fiction turca durante Ramadan a causa della spregiudicatezza su temi come relazioni extraconiugali, quest’anno provano addirittura a rifarla, proponendo con Saraya Abdeen una versione più “soft”, incentrata sugli intrighi di palazzo fra il sultano Khedive Ismail e sua madre, la regina Hoshiar.

Insieme a questa costosissima “copia” della popolare fiction turca – in un momento geopoliticamente delicato in cui la popolarità della Turchia di qualche anno fa si sta slabbrando sulla situazione di stallo in Siria – MBC punta su un cavallo considerato sicuro, la saga siriana Bab al-hara (“La porta del quartiere”), riproposta nella sua sesta stagione dopo una pausa di tre anni. Bab al-hara è forse la fiction siriana più famosa della storia della televisione satellitare araba, e il prodotto che ha segnato l’apice della popolarità delle serie tv siriane nella regione. Forse, proprio per la crisi in cui versa la Siria oggi, questa sesta stagione non convince. La settimana scorsa il popolare presentatore siriano di Al-Jazeera, Faisal al-Qassem, aveva dichiarato: “Sono veramente disgustato dai personaggi in questa serie tv e dai loro baffi di plastica”.

Nonostante gli sforzi della produzione di ricreare la vecchia Damasco negli studios degli Emirati Arabi e di riportare in vita Abu Issam, uno dei personaggi più amati della serie, interpretato dal siriano Abbas Nouri, Bab al-hara 6 non trascina il pubblico arabo che, esposto alle immagini di violenza quotidiana del conflitto siriano, probabilmente non crede più ai valori di solidarietà, convivenza e unità promossi dalla fiction. Tanto più che da questa sesta stagione scompare ogni riferimento alla resistenza armata degli abitanti dell’hara a fianco della Palestina, mentre resta il sospetto dello “straniero” come portatore di caos e disequilibrio nella società araba. Il riferimento a spie e infiltrati nel serial sembra uscire direttamente da un discorso di Bashar al-Asad. Come dire: la fitna, la divisione nella società araba la porta lo straniero.

Anche un’altra serie tv siriana di questo Ramadan 2014 parla di fitna: Bawab al-rih (“I cancelli del vento”), diretto da Muthanna al-Sobh, narra della violenza settaria fra drusi e cristiani scoppiata sul Monte Libano nel 1860, la cui eco giunse fino alla capitale siriana. La fiction siriana non è nuova a questi temi controversi: eppure, nonostante siano apparentemente innovative nell’affrontare argomenti tabù come la violenza settaria, musalsalat come Bawab al-rih finiscono per rafforzare la narrativa di Bashar al-Asad della fitna come male radicato nella società siriana, a cui può rimediare soltanto l’unità nazionale promossa da un regime che si autoproclama difensore della multiculturalità dello stato. 

Questa retorica continua ad essere alimentata da molte produzioni di Ramadan 2014. Contrariamente alle previsioni, infatti, l’industria di fiction siriana sta resistendo al conflitto che dilania il paese e alla continua emorragia di talenti, attori, registi, sceneggiatori che hanno lasciato la Siria per ragioni politiche o di sicurezza personale. Questi esiliati di prima classe partecipano oggi alle produzioni televisive in Libano, Egitto, negli Emirati, e stanno alimentando un fenomeno ben visibile sugli schermi di questo Ramadan 2014: la fiction panaraba. Produzioni come Al-Ikhwah (” fratelli”), Law (“Se”), Halawat al-ruh (“La dolcezza dell’anima”) sono a tutti gli effetti il risultato della cooperazione produttiva fra Golfo, Egitto, Siria, Libano, e di cast artistici composti da attori e registi provenienti da tutto il mondo arabo, incluso il Nord Africa.

È forse quest’alleanza panaraba di mercato, conseguenza diretta degli sconvolgimenti delle industrie nazionali nei paesi delle primavere arabe, il vero trend che emerge dal Ramadan 2014; e che sembra andare a tutto vantaggio del Golfo, capace di produrre di più, con cachet più bassi per le star egiziane e siriane, e ormai lanciato nella competizione mediatica, oltre che geopolitica, con Iran e Turchia.