Sisi, assente nella sua campagna elettorale

21/05/2014
video sisi

Quando Abdel Fattah al Sisi ha sciolto la riserva dichiarando – come ci si aspettava da tempo – che si sarebbe tolto la divisa militare per indossare abiti civili e candidarsi alla presidenza, ha lanciato un annuncio che si è presto dimostrato realtà: “La mia campagna elettorale non ha un programma, non uno tradizionale almeno.”
Allora, il 26 marzo, l’ex capo delle Forze Armate doveva ancora dare il via a quella serie di eventi che hanno mostrato la sua vera strategia: permettere ad altre persone di fare campagna a suo nome. L’obiettivo, ci spiega un giovane analista che preferisce rimanere anonimo per paura di ripercussioni, “è mostrare che un candidato con un grande sostegno popolare non deve preoccuparsi più di tanto di apparire davanti a quelle telecamere che rischiano di immortalarti non sempre come vorresti”.

Seguendo la campagna elettorale, sembra quasi che Sisi si sia defilato il più possibile. Una tattica forse in linea con la strategia mediatica progettata: veicolare un messaggio politico così vago e superficiale che non rischi di infastidire il 98% delle persone che si è dichiarato pronto a votarlo. Un elettorato molto eterogeneo, con visioni politiche ed economiche in molti casi incompatibili.

Oltre alle poche interviste televisive, rigorosamente registrate e poi limate dal suo team, Sisi tende ad essere invisibile anche negli spot progettati a tavolino per tirargli la volata finale. Basta osservare uno dei video principali prodotto della sua campagna per capire come l’ex generale cerca di fare tesoro dei volti dei suoi numerosissimi sostenitori. In primis gli abitanti del suo villaggio di origine. Barbieri, falegnami, signori che puliscono le scarpe per strada: gente semplice che mangia ful – il tipico piatto popolare a base di fagioli – e ricorda le gesta del giovane, generoso e sensibile Abdel Fattah.

Anche se appare poco, Sisi ha ben chiara l’immagine, che vuole inviare di lui: quella di un nazionalista vicino alla gente.

Ecco perché a fare da sfondo alla parte iniziale dello spot è quella piazza Tahrir dove, nel 2011, i giovani rivoluzionari che Sisi cerca di farsi amici hanno combattuto contro la dittatura rappresentata da Hosni Mubarak. A comparire è non solo la statua di bronzo che rappresenta il leone sul ponte di Qasr al Nil, altro luogo simbolo della rivoluzione del 25 gennaio, ma anche la parete di via Mohammed Mahmoud, la galleria di graffiti a cielo aperto che ha ripreso ogni momento della rivoluzione e i suoi principali martiri.

Ma per Sisi è importate anche far passare ai suoi potenziali elettori la sua immagine di uomo delle due rivoluzioni. Quella del 25 gennaio 2011 e quella del 30 giugno 2013, giorno in cui milioni di egiziani sono scesi in strada per chiedere l’uscita di scena di Mohammed Mursi – il presidente islamista democraticamente eletto nel giugno 2012 – ed elezioni anticipate. Quella “rivoluzione” che ha festeggiato la “vittoria” il 3 luglio, quando Sisi è comparso sugli schermi televisivi per annunciare l’arresto di Mursi e l’inizio di una nuova fase di transizione.

Per presentarsi come l’uomo delle due rivoluzioni, Sisi punta sulla colonna sonora del suo spot, affidata a Kamel Meshwarak, una serenata cantata da un artista degli Emirati (paesi che hanno applaudito l’uscita di scena di Mursi) che chiede a Sisi di completare il suo viaggio, portando a termine la rivoluzione.

La rivoluzione con la quale Sisi vuole essere identificato, è una rivolta nazionalista che ha per modello l’ex presidente Gamal Abdel Nasser, icona che anche il suo “sfidante”, Hamdin Sabbahi, cerca – storicamente – di rappresentare. Ancor prima di scendere ufficialmente in campo, Sisi era stato più volte accostato a Nasser, con una serie di immagini che hanno scavato nell’infanzia dell’ex generale, immortalato da una foto in bianco e nero nell’atto di stringere la mano a Nasser. Nello spot pubblicitario, il legame con questo personaggio centrale per la storia egiziana viene sottolineato da un signore inquadrato mentre dice esplicitamente che il paese ha bisogno di un uomo come Nasser.

Per convincere tutti, anche quegli islamisti risentiti dall’intervento con il quale i militari hanno deposto il loro uomo, Sisi presenta anche il suo volto pio, quello di un uomo rispettoso della religione. Per farlo, lo spot si serve di Mostafa, un uomo che spiega la lezione spirituale impartitagli un giorno dall’ex generale messo a capo dell’esercito proprio da quel Mursi che confidava nella sua lealtà religiosa.

Questo spot, è solo un esempio di una campagna costata circa 12 milioni di sterline egiziane, equamente distribuite tra conferenze stampa e spot pubblicitari di diverso genere. Tutte le iniziative sono rigorosamente pianificate da un consiglio consultivo creato apposta per l’occasione che ha arruolato membri della campagna in vista delle presidenziali del 2012 di Ahmed Shafiq, gattopardo per eccellenza del regime mubarakiano. A conquistare i voti dei businessmen ci stanno invece pensando alcuni militari che, visto gli affari gestiti, sanno bene a chi rivolgersi.

Strutturalmente, questa campagna ha dovuto fare i conti con la sua composizione. Secondo fonti che preferiscono mantenere l’anonimato, gli uomini riciclati dalla campagna di Shafiq non hanno gradito di vedere il loro nome solo nella lista di quanti destinati al lavoro di strada, vedendosi esclusi dal consiglio consultivo. Questo è guidato da Amr Moussa, ex segretario generale della lega Araba e sconfitto alle presidenziali del 2012, e Amr el-Shobaky, direttore del principale think tank egiziano. A lamentarsi sono anche alcuni volontari della campagna che rappresenteranno Sisi in quei comizi ai quali l’ex generale non parteciperà per questioni di sicurezza. Molti non avrebbero avuto neanche l’onore di stringergli la mano.

Tra i – pochissimi – critici di Sisi, vi sono anche quanti lo accusano di sprecare soldi in una campagna che, sondaggi alla mano, è del tutto inutile. Ciononostante, anche se da un punto di vista elettorale, Sisi può dormire sonni tranquilli, la campagna ha una certa importanza. La recente storia egiziana ha mostrato che la vera gara da vincere non è quella che porta alla poltrona presidenziale, ma quella che garantisce di rimanerci seduti, prendendo decisioni impopolari. Anche se Sisi ora preferisce rimanere sul vago, arriverà presto il momento in cui dovrà affrontare dossier che richiedono una chiara presa di posizione. Questo almeno se vorrà cercare di rimettere in moto, come lui dice, l’Egitto.

 

 

Il video dello spot elettorale è sottotitolato in italiano da Fouad Roueiha