Lo sforzo pacifista di Francesco sui media palestinesi

09/06/2014
pontifexar

I media palestinesi hanno trasmesso la preghiera fatta dal presidente dell’Autorità palestinese e da quello israeliano in Vaticano domenica 8 giugno, nel corso della visita alla quale erano stati invitati dallo stesso Papa Francesco in occasione del suo recente viaggio in Israele e Palestina. I presidenti di Israele e Palestina si sono uniti per la prima volta nella storia in preghiera con il Pontefice come parte integrante dell’iniziativa del Santo Padre volta a riaccendere il desiderio e la speranza di una ripresa del processo di pace in Medio Oriente.

La visita di Papa Francesco in Palestina ha inevitabilmente rivestito un’enorme importanza sui piani politico, religioso e mediatico. I preparativi per la visita hanno registrato un clima di elevata mobilitazione e massiccia copertura da parte dei media palestinesi sia ufficiali che privati, un’atmosfera emersa chiaramente dall’organizzazione e dagli accordi che hanno preceduto l’arrivo del Pontefice e successivamente le tappe fatte a Betlemme, Ramallah e perfino Gerusalemme Est, quest’ultima interdetta da Israele ai giornalisti palestinesi. La copertura data dai media palestinesi alla visita del Papa si è estesa anche all’incontro di Francesco con le istituzioni palestinesi e le famiglie straziate dal muro di separazione che divide Israele e Cisgiordania, così come con le famiglie palestinesi le cui terre sono state confiscate da Israele per ampliare l’insediamento di Ma’ale Adumim, la “montagna Abu Ghneim”, a Gerusalemme. Il sindacato dei giornalisti palestinesi (Pjs) ha elogiato i preziosi sforzi e l’incisivo ruolo svolto dai reporter e dalle istituzioni mediatiche palestinesi, da cui è scaturita un’enorme efficienza in occasione della copertura mediatica della visita del Pontefice.

Il canale televisivo di stato palestinese ha dato visibilmente fondo a tutte le risorse materiali e a tutto il potenziale umano in suo possesso per coprire con successo questo primo viaggio del Papa; ha trasmesso la visita in diretta, e ha accolto negli studi funzionari palestinesi chiamati a scambiarsi analisi e commenti sulla sua portata storica. Khalil Shaheen, direttore del Centro di studi politici Masarat di Ramallah, ha sottolineato come la copertura mediatica palestinese abbia messo in evidenza gli aspetti politici più che quelli umanitari della visita di Papa Francesco; le redazioni si sono infatti concentrate sull’analisi politica del viaggio senza approfondirne la valenza filantropica. “La visita del Pontefice in Palestina è stata oggetto di una massiccia copertura mediatica per via dell’altissimo valore attribuitole dal popolo palestinese, che si è rapportato a questo viaggio da un punto di vista sia politico che umanitario, nella convinzione che la venuta del Papa costituisse un appello alla tolleranza religiosa in una regione dilaniata da conflitti e carneficine”, ha commentato Shaheen. E ha aggiunto: “I media hanno commesso un errore esasperando la copertura degli aspetti politici della visita di Papa Francesco, che alla fine è sembrata più politica che non umanitaria, quando invece si supponeva dovesse attirare l’attenzione del mondo cristiano sulla tappa del Pontefice a Betlemme e sulle quotidiane sofferenze del popolo palestinese dovute all’occupazione israeliana in Terra Santa”.

Le istituzioni palestinesi, dal canto loro, hanno definito la visita di Papa Francesco un successo, sottolineando l’importanza della preghiera del Pontefice davanti al muro di separazione che si trova all’ingresso della città cisgiordana di Betlemme. Il ministro del Turismo dell’Autorità Palestinese, Rula Ma’ay’a, nell’incontro con i giornalisti palestinesi a Betlemme ha dichiarato: “Questa storica visita del Papa in Palestina è unica nel suo genere, nella misura in cui il Pontefice è giunto in Palestina con una nutrita delegazione di sacerdoti e si è rapportato a noi come a uno Stato occupato; il che è un chiaro e diretto messaggio a Israele in quanto forza di occupazione”. Il ministro ha poi continuato: “La visita del Papa in Palestina e la sua sosta in preghiera di fronte al muro assumono entrambe enorme rilevanza sia sul piano locale che a livello internazionale. La venuta di così tanti delegati dalla Palestina pre-48 a Betlemme e la preghiera del Pontefice davanti al muro hanno fatto sentire solidarietà ai palestinesi infondendo loro un grande impulso morale alla lotta per la pace e la giustizia”. Il Dipartimento Media della presidenza palestinese ha rivelato in un comunicato stampa che la visita del Papa in Palestina è stata seguita da mille giornalisti tra arabi, palestinesi e stranieri afferenti a redazioni sia locali che internazionali, tutti preaccreditati dall’ufficio stampa del presidente. L’Autorità Palestinese ha offerto ai giornalisti trasporto e soggiorno per la copertura nell’ambito di rigidi accordi siglati prima dell’arrivo del Pontefice. Papa Francesco è giunto dal Vaticano in Palestina accompagnato da una delegazione di 75 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Mentre i media internazionali hanno trasmesso il discorso del Papa dalla Terra Santa, quelli palestinesi sono riusciti a mandare in onda la cerimonia religiosa solo in arabo e non in altre lingue come inglese e francese.

Anche i social media come Facebook e Twitter hanno svolto un ruolo attivo nella copertura della prima visita di Francecso in Palestina. Hashtag sia in arabo che in inglese come #PopeInPalestine (#PapaInPalestina) sono stati ampiamente utilizzati da attivisti e utenti dei social media. La foto del Papa che prega di fronte al muro di separazione ha fatto il giro dei social e dei siti di informazione, accompagnata da opinioni e commenti positivi riguardo al suo rappresentare una significativa presa di posizione nei confronti di questa barriera che impedisce ai palestinesi l’accesso alle basi fondamentali del vivere civile e separa le famiglie dai propri cari. I media palestinesi hanno vissuto un’esperienza significativa documentando il viaggio di una figura religiosa di spicco che ha compiuto una visita di rilevanza storica in Palestina – e nello specifico a Ramallah, Betlemme e Gerusalemme Est – portando così avanti una missione volta a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale alla giusta causa del popolo palestinese.