Media main stream e portali web. Due diverse voci giordane commentano il nuovo documento di Re Abdullah II.

29/01/2013
Abdallah_II_de_Jordanie 320x135

Mancano pochi giorni alle elezioni del 23 gennaio, le prime parlamentari giordane dall’inizio delle primavere arabe, e sui media locali continua a tenere banco il dibattito sul paper di re Abdullah II pubblicato su quotidiani come Jordan Times, Ammon News e  Al-Rai il 30 dicembre scorso. “Il nostro viaggio per forgiare il nostro cammino verso la democrazia.” É questo il nome del documento attraverso il quale il sovrano si è rivolto all’opinione pubblica, spronando i cittadini giordani a essere parte attiva alle prossime votazioni.  

Fino allo scorso autunno, la Giordania sembrava un paese immune al vento rivoluzionario che soffiava nella regione. Eppure, dopo una stagione di manifestazioni guidate soprattutto dalla Fratellanza Musulmana, a ottobre il re ha scelto di sciogliere la Camera dei Deputati e indire nuove elezioni.  A chiedere il boicottaggio di questo appuntamento è in primis il Fronte di Azione Islamico (FAI), il braccio politico dei Fratelli Mussulmani al quale si aggiungono  altri esponenti dell’opposizione, inclusi i movimenti giovanili e popolari, nati dall’inizio della primavera araba. La legge elettorale in vigore, viene infatti ritenuta non democratica. Secondo l’opposizione favorirebbe il voto di appartenenza tribale rispetto a quello ideologico e tenderebbe quindi a una sovrarappresentazione delle aree maggiormente filo-governative. 

Durante questa controversa fase pre-elettorale, Abdullah II ha voluto sottolineare l’importanza della piena partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese e ha indicato le quattro pratiche che, a suo avviso, possono permettere di costruire un sistema democratico: rispettare i propri concittadini, tenere legate cittadinanza e responsabilità, trasformare il disaccordo in compromesso, condividere guadagni e sacrifici. Per farlo si è servito di un documento – il primo di una serie – che è stato recepito e valutato in maniera molto diversa dai mezzi di comunicazione main-stream e dal web.  Mentre i primi hanno lodato l’iniziativa, i secondi non hanno risparmiato critiche. 

Le reazioni dei media main-stream

 Il 30 dicembre, un editoriale del principale quotidiano in lingua inglese del paese, il Jordan Times, ha definito il paper del re “un’importante aggiunta per gli sviluppi politici che stanno avvenendo nel paese e un aiuto per informare i cittadini sulla prossima legislatura e sul corso del processo di democratizzazione, che va al di là delle mere elezioni.”

 Sulla stessa linea l’editorialista del giornale filo-governativo Al-Dustour, Batir Wardam, che ha commentato così il documento: “Viviamo in un momento in cui il dialogo responsabile è più che mai necessario. Dovremmo afferrare l’opportunità che abbiamo. Il re ha fatto una chiamata diretta e onesta a tutti i cittadini, inclusi i gruppi di opposizione, per unirsi a una discussione fruttuosa su qualsiasi questione senza alcuna restrizione.”

 Favorevole al documento sembra anche il quotidiano pro-islamista Assabeel che il 31 dicembre ha riportato una dichiarazione nella quale il vice-capo dei Fratelli Mussulmani giordani, Zaki Bani Rsheid, ha ribadito che “il gruppo ha sempre accettato il dialogo responsabile e genuino lontano da agende già fatte e da imposizioni di punti di vista su altri.”

Le reazioni del web

 Nella sfera virtuale, uno dei primi a commentare il documento è stato Impatient Bedouin . “È  serio il paper di discussione di re Abdullah?” si è chiesto il 1 gennaio questo blogger che ha scritto che il documento in questione “contiene poco in termini di effettivi cambiamenti proposti. Re Abdullah sa perfettamente come dire le cose giuste, ma, come dimostra questo paper, il gap fra le sue parole e quello che il regime alla fine dei conti fa, non potrebbe essere più grande.” Sulla stessa linea si è collocato il post pubblicato il 3 gennaio su The Black Iris, uno dei principali blog giordani curato da Naseem Tarawnah. “Alcune delle parole e del linguaggio usati sono nuovi, ma nel complesso i concetti sono sempre gli stessi” commenta il blogger. “Da ciò è possibile dedurre tre cose: o il re non è serio a proposito delle riforme politiche, o non ha mai avuto un mandato per un genuino processo di riforme, oppure la Giordania ha un problema nel tradurre la visione in implementazione.”

 Se la blogosfera si è trasformata in un’arena fertile al dibattito sulla questione, Twitter è stato un portale più sterile. A poco è servita la creazione di un hashtag dedicato appositamente al paper, #RoyalDiscussion. I tweets si sono quasi esclusivamente  limitati a riportare citazioni del documento, esaurendo il dibattito nella giornata della sua  pubblicazione.   Se dal servizio di microblog si passa a Facebook si nota che le bacheche dei giovani musulmani giordani e di molti gruppi di sostegno al boicottaggio delle elezioni hanno  ignorato il documento. Difficile stabilire se si tratti di indifferenza all’ennesima dichiarazione di intenti, oppure di un’intenzionale scelta per evitare critiche dirette a re Abdullah.

Per comprendere la cornice in cui si inseriscono l’iniziativa di re Abdullah II e le reazioni che ha suscitato è utile analizzare un sondaggio condotto dal Centro Al-Hayat per lo sviluppo della società civile, su un campione di 1.620 cittadini al di sopra dei 18 anni. Questo è stato riportato dal Jordan Times il giorno della pubblicazione del paper reale. Restituendo dati molto importanti, l’indagine rivela che solo lo 0,6 per cento dei rispondenti si impegna attivamente all’interno di partiti politici e che il 60 per cento ha dichiarato di non ritenere i propri bisogni e le proprie aspirazioni rappresentati, né dai partiti politici, né dai movimenti popolari. A quanto pare, a re Abdullah II servirà molto più di una di serie di paper di discussione per stimolare i cittadini a partecipare alla vita politica del paese.