Islamophobia Industry

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I produttori dell’islamofobia si nascondono ovunque. Nei talk show, nei luoghi di culto, nei messaggi pubblicitari. Nel suo Islamophobia Industry, Nathan Lean ci fa viaggiare nelle menti dei produttori di questa azienda che cerca continuamente di riesumare i fantasmi dell’ 11 settembre e convincere che l’Islam è nemico. Inserendosi nella storia statunitense, Lean, fondatore e direttore di Aslan Media, spazia dalle ideologie islamofobiche alle tattiche intimidatorie di chi guida questa macchina di propaganda che fa dei media uno dei suoi principali strumenti.

“L’industria dell’ islamofobia si serve dei media per propagare ogni suo discorso e ogni suo prodotto – spiega Lean. Basta guardare che cosa accade nei social media, dove il linguaggio settario e violento raggiunge il suo apice, alimentando lo scontro di civiltà. I blog che veicolano messaggi contro i musulmani sono tantissimi. Molte volte sono anche pagati da chi ha interesse a diffondere certi messaggi. Hanno un effetto moltiplicatore perché raggiungono i media main stream che funzionano come megafono. La diffusione dei messaggi islamofobici è così completata.”

Come reagiscono i media arabi all’islamofobia?

I mezzi di comunicazione arabi sono tantissimi e non hanno un portavoce. Non parlano quindi in modo unitario. Tutto questo diminuisce la loro forza, ma è una cosa naturale. Ci sono i media che sono incisivi e denunciano certi tipi di linguaggio, ma anche quelli che non sono reattivi. Negli Stati Uniti qualcosa potrebbe cambiare ora che si alza il sipario di Al-Jazeera America (il 20 agosto, ndr). Una nuova immagine potrebbe iniziare a circolare. Fino ad ora l’islamofobia è stata lampante sulla maggior parte dei media, soprattutto sulle televisioni. Basta pensare a Fox News, l’emittente più esplicitamente islamofobica nel panorama locale.

Fox news non è l’unica a diffondere certi messaggi. Come si comportano le altre emittenti?

A fare compagnia a Fox News sono tanti altri canali. In alcuni casi i messaggi errati che veicolano emittenti come la Cnn non sono frutto dell’islamofobia, ma di un’ignoranza di fondo che viene a galla quando si parla di questioni relative al mondo musulmano. Vi è una grossa confusione terminologica. In aggiunta, c’è chi tende a speculare su alcune notizie per inviare messaggi fuorvianti. Questo è evidente in alcuni eventi di cronaca, soprattutto quando ci sono casi di violenza o di terrorismo. I giornalisti tendono a speculare sul coinvolgimento, più o meno diretto, di musulmani, anche quando questo non è affatto verificato. A dimostrare scientificamente questa realtà è stato anche il Media Tenor report del 2011. Grazie a un’analisi decennale del palinsesto di emittenti occidentali emerge un quadro chiaro. Quando la narrazione mediatica si sposta su questioni relative al mondo musulmano gli stereotipi abbondano, soprattutto nel mondo occidentale.  Dall’analisi emerge poi un’enorme differenza di copertura tra Oriente e Occidente, ma mostra anche che ci sono margini di cambiamento per ridurre gli stereotipi e migliorare le relazioni.

Aslan è un esempio?

Siamo nati nel 2010 per cercare di coprire le vicende di Nord Africa e Medio Oriente in un modo completo e con un approccio molto diverso. Cerchiamo di mostrare questa parte di mondo per quello che è. Raccontiamo quello che non si vede negli altri mezzi di comunicazione main stream. Cerchiamo di fare luce su aspetti del tutto inesplorati dai media occidentali. Parliamo dell’arte e della cultura di questi paesi. Non ci concentriamo solo sulle vicende politiche che vengono sbattute con toni allarmistici sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Parliamo di donne di successo, di artisti che si fanno conoscere nel mondo, di nuove espressioni artistiche che prendono piede. Fino ad ora possiamo dirci decisamente soddisfatti del nostro lavoro. Essendo un sito web che arriva in tutte le parti del mondo, facciamo fatica a monitorare esattamente la composizione del nostro bacino di utenza. Abbiamo un certo seguito negli States, ma anche qui non sappiamo dire con esattezza se a seguirci è soprattutto l’audience musulmana. Poi abbiamo percepito una reazione positiva anche nel pubblico nel Nord Africa. Alcuni autori locali hanno iniziato a scrivere sul nostro portale e questo mostra un certo interesse nella nostra narrativa. Fin dall’inizio abbiamo avuto una missione chiara: informare in modo sincero il pubblico statunitense su tematiche che riguardano il grande Medio Oriente, la sua cultura e le comunità della diaspora. L’obbiettivo finale è quello di promuovere un dialogo costruttivo tra culture e fedi diverse.