Fra laicità e religione: i media cristiani in Libano

31/07/2013
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Come ricordato dal professore Marwan M. Kraidy, il Libano è stato il primo paese arabo a regolamentare, nel 1994, la trasmissione di programmi radiofonici e televisivi attraverso emittenti private. La legge fu creata per controllare i moltissimi canali, all’epoca soprattutto radiofonici, fioriti durante al guerra civile: fra il 1975 ed il 1990 in Libano esistevano fra le 150 e le 300 radio  senza regolare licenza e circa una cinquantina di televisioni, fra cui Lbc, che si proponevano come fonti di informazione alternative al, solo teorico, monopolio statale. Dopo l’apertura decisa all’inizio degli anni ’90, nel Paese vennero dunque alla luce una serie di emittenti indipendenti il più delle volte legate alle diciotto singole confessioni religiose. 

Al-Manar: la tv del partito di Dio

Fra le più conosciute oggi spicca sicuramente Al-Manar, la televisione ufficiale di Hezbollah nel Paese così come in tutto il mondo. L’emittente televisiva è da considerarsi come parte integrante del progetto di muqawama (resistenza) di Hezbollah ed è ormai divenuta, per su stesse definizione, la “voce degli oppressi” garantendo una copertura mediatica per tutti quegli eventi che riguardano il Partito di Dio ed i discorsi del Segretario generale Sayyed Hassan Nasrallah. Proprio per questo motivo Al-Manar è da sempre oggetto di critiche e bersaglio di accuse. Nel 2003 in Francia si aprì un forte dibattito, innescato dall’allora primo ministro Jean Pierre Raffarin, sull’opportunità o meno di permettere la trasmissione dei suoi programmi su satellite in seguito alla messa in onda di contenuti ritenuti anti-semiti. Anche oggi, quando l’Unione europea ha deciso di inserire l’ala militare di Hezbollah all’interno della lista della organizzazioni terroristiche, Al-Manar è il tramite per il quale i rappresentanti del Partito di Dio pensano, organizzano e trasmettono la propria risposta. Il canale televisivo legato al Partito di Dio non ha mai fatto mistero della sua natura militante e apertamente schierata: la voce della resistenza. Del resto, lo ricorda Jamil Abou Assi, il panorama mediatico libanese ricalca lo scenario politico locale.

Tuttavia, come sempre quando si parla di Libano, il rischio di focalizzare l’attenzione su Hezbollah dimenticando gli altri attori locali è sempre presente e non bisogna dimenticare che oltre all’emittente sciita vi sono anche altri importanti realtà legate alle altre diverse confessioni. Prima tutte quella dei cristiani, i quali attraverso radio e televisioni  riescono a raggiungere tanto i proprio fedeli quanto i propri affiliati politici.

I media religiosi cristiani e cattolici

Telelumiere & NourSat è il primo, nonché unico, canale televisivo dichiaratamente cristiano ad operare (dal 1991) in Libano. I fondatori di questo ambizioso progetto mediatico partito agli inizi degli anni ’90 furono il defunto Charles Helou (ex presidente del Libano), Fratello Nour, Jack Kallassi, George Frem, George Moawad, Rola Nassar, Sana Nassar, Antoine Saad  e Christiane Debbaneh. Il canale è ufficialmente riconosciuto come “cristiano” tanto è vero che i suoi programmi sono preventivamente sottoposti al vaglio dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici in Libano che ne valuta contenuti e modalità di divulgazione. All’interno della sua pagina web troviamo che Telelumiere & NourSat si definisce “pane quotidiano e speranza” per la minoranza cristiana in Libano così come ovunque in Medio Oriente, sfruttando un linguaggio che richiama evidentemente uno stile ecclesiastico che non fa mistero della sua origine cattolica. Nel corso degli anni il progetto è stato a più riprese implementato, in particolare sotto la spinta del patriarca maronita Nasrallah Sfeir che nel 2009 lanciò un milionario progetto di espansione fondando una vera e propria cittadella dell’informazione cristiana nell’area di Fatka con lo scopo di creare “la risposta cattolica ad Al-Jazeera”.

L’idea di crescita ed espansione è stata altresì incentivata attraverso la creazione di una sede giordana sotto la supervisione del Centre for Catholic Studies and Media: obiettivo ultimo è quello di fornire a Telelumiere & NourSat una dimensione sempre più internazionale che travalichi i confini libanesi divenendo un punto di riferimento per tutti i cristiani presenti nella regione. L’investimento dello Stato Vaticano sul Centre for Catholic Studies and Media è stato rinnovato lo scorso maggio dalle parole dell’arcivescovo Claudio Maria Celli, direttore del Pontifical Council for Social Communications, il quale lo scorso maggio ha mandato un messaggio di congratulazioni per l’attività svolta dal direttore del centro Padre Rifat Bader.

Continuando il parallelismo con Hezbollah, se radio Al-Nour è il canale radiofonico di riferimento per gli sciiti fedeli al Segretario Generale di Hezbollah, per coloro i quali sono di fede cristiana dal 1984 è possibile sintonizzarsi sulle frequenze di Radio Voce della Carità. Come per Telelumiere & NourSat, anche in questo caso la programmazione è supervisionata dell’Assemblea dei Patriarchi e dei Vescovi cattolici in Libano. Al fine di permettere una quanto più ampia divulgazione del messaggio cattolico, sono previste trasmissioni in armeno, francese, italiano ed inglese. Sempre nell’intenzione di rendere quanto più fruibile il proprio messaggio, nel 1997 l’emittente libanese ha raggiunto un accordo di collaborazione con Radio Maria. 

In ragione della sua composizione sociale e politica, il Libano sembra dunque essere divenuto un trampolino di lancio per i media cristiani nella regione. Basti pensare che dal 20 al 23 ottobre la World Catholic Association for Communication terrà proprio a Beirut il proprio congresso mondiale che avrà come titolo “Media for a Culture of Peace: Creating Images with the New Generation.” 

I media controllati dalla politica cristiana

In origine fu Samir Geagea con le sue Lebanese Forces, partito cristiano, a fondare e detenere il controllo della Lbc, dando vita ad un potentissimo mezzo di informazione che agisse in Libano con particolare riferimento alla comunità cristiana locale. Oggi però anche altri politici sembrano essersi attrezzati all’occorrenza.

Primo fra tutti il generale Michel Aoun con la sua Orange TV divenuta ormai il primario canale di informazione del suo Free Patriotic Movement. Essendo uno dei principali alleati di Hezbollah, Aoun ha subito non poche critiche per la tipologia di trasmissioni che il canale legato al suo movimento ospita. Non solo. Secondo un articolo del 2010 pubblicato da Ya Libnan, i servizi segreti siriani avrebbero contribuito al sostentamento del network attraverso una donazione di 50 milioni di dollari trasferiti al generale Aoun per tramite di Asaf Shawkat, capo dei servizi segreti militari di Damasco.

Il controllo dei mezzi d’informazione come possibile soft power non è sfuggito nemmeno alla famiglia Al-Murr, potentissimi uomini d’affari greco ortodossi, che attraverso MTV – acronimo di Murr Tv– si sono imposti sullo scenario mediatico locale sin dal 1991. Murr Tv si definisce come un “canale che ha cercato di soddisfare la complessità e la ricchezza identitaria dei suoi telespettatori libanesi attraverso la creazione di un equilibrato mix di contenuti mediatici locali, arabi ed occidentali”. Chiusa dal 2002 al 2009 a causa di un’aspra disputa ingaggiata con il governo (qualcuno sostiene anche dietro pressioni siriane), quella che si autodefinisce la voce di “una silenziosa maggioranza” ha regolarmente ripreso i propri programmi. Da notare che nel frattempo la famiglia Al-Murr disponeva comunque di altri mezzi di informazione e comunicazione possedendo tre stazioni radio: Radio Scope, Radio Nostalgie e RML. L’aspetto mediatico ha dunque da sempre rivestito un ruolo di particolare importanza per gli Al-Murr tanto più che Michel Al-Murr si scontrò con il fratello Gabriel nel corso degli anni ’90, ingaggiando una battaglia che per certi versi ricorda quella in corso da alcuni anni per il controllo della Lbc. 

Quest’ultimo imponente network, da sempre esclusivo appannaggio di Samir Geagea e dei suoi uomini, fu trasferito nelle mani dell’attuale capo esecutivo (Shaikh Pierre Al-Daher) quando Geagea venne incarcerato agli inizi degli anni ’90. Secondo alcuni analisi, Al-Daher è riuscito a imprimere una svolta fondamentale alla Lbc, trasformandola da semplice organo legato alle attività delle Lebanese Forces in una realtà mediatica internazionale di valore e prestigio. Ad oggi la Lbc trasmette negli Stati Uniti e in Europa, raggiungendo persino mercati più lontani come quello australiano. Tuttavia dal 2005 in avanti Geagea e i suoi fedelissimi hanno ingaggiato un duro e serrato confronto con chi è a capo del canale (e quindi al-Daher) nel tentativo di acquisirne nuovamente il controllo diretto. Lo scontro per la gestione della Lbc si era tuttavia già complicato dopo il 2004, quando il network fu acquistato dalla società Rotana di proprietà di alcuni emiri qatarensi. Le vicende legate alla battaglia per il controllo della Lbc sono state anche oggetto di interesse per l’amministrazione statunitense. Secondo quanto rivelato da alcuni leaks pubblicati sul quotidiano Al-Akhbar,, la Casa Bianca seguiva con particolare attenzione l’evolvere della situazione. Fra scontri, attacchi e reciproci tentativi di estromissione, ad oggi il canale rimane comunque una delle più autorevoli voci legate al mondo cristiano e alle forze del 14 marzo.

Religione e politica: i cristiani restano divisi anche sotto il profilo mediatico

Differentemente dunque dalle stazioni televisive o dalle emittenti radiofoniche legate agli ambienti cristiani, e quindi ufficialmente slegati dalla politica, abbiamo osservato l’esistenza di una serie di canali d’informazione direttamente connessi a esponenti politici cristiani. L’importanza di possedere una voce ufficiale ed indipendente per mezzo della quale propagandare il proprio messaggio, religioso o politico che esso sia, risulta quindi di primaria importanza. Sotto questo aspetto politica e religione non sono poi così differenti.

Basti pensare che in un documento del Segretariato generale del Sinodo del patriarcato maronita si legge testualmente che “la Chiesa ha capito l’importanza delle moderne tecnologie offerte dai media e di mezzi di comunicazione […] ha così incoraggiato l’appropriazione di tali mezzi e il loro uso responsabile, soprattutto nei settori dell’istruzione e della diffusione della Buona Novella raccomandandone l’inclusione all’interno di tutti i programmi pastorali”. Di più. In un altro passaggio, relativo alle conclusioni, si legge che i media hanno un “ruolo profetico e strutturale nella formazione delle società contemporanee e dovrebbero contribuire nel risolvere le sfide [che tutto il mondo deve affrontare ndr] e aiutare la Chiesa maronita nel perseguire la sua chiamata e realizzare le proprie aspirazioni”. Anche per questa dichiarata e palese volontà di aprirsi alle nuove tecnologie, la comunicazione via internet non è più un tabù. Oltre ai siti direttamente legati ai suddetti canali di informazione, nel 2011 è stato aperto un sito web legato a l’Euvre d’Orient, “un’associazione cristiana al servizio dei cristiani d’oriente”. Allo stesso tempo portali storici come abouna.org sono stati rinnovati ed aggiornati. In quest’ultimo caso il sito è legato al già citato Centre for Catholic Studies and Media di Amman e funge come strumento d’informazione (esclusivamente in lingua araba) per i cristiani che vivono nella regione del Mashreq. Nel corso del mese di luglio, ad esempio, abouna.org ha dedicato una corposa copertura mediatica alla visita di Papa Francesco in Brasile proponendo foto e testimonianze inedite, pubblicate in gran parte anche sulla corrispondente pagina Facebook.

In ogni caso dunque i media sembrano rispondere a delle indicazioni provenienti dall’alto, a un’agenda che evidentemente influisce sull’effettiva imparzialità dell’informazione e questo è particolarmente vero se osserviamo il caso dei media politicizzati. Nel 2009, Jamil Abou Assi era solito differenziare i media libanesi fra lealisti – vicini all’allora governo Al-Hariri- e di opposizione, fra i quali spiccavano nomi già menzionati come Al-Manar ed Orange. Magda Abu-Fadil, direttrice di I’lam bila Hudud, ritiene poco affidabili le informazioni e le notizie che vengono riportate dai media legati alle forze politiche: tutti sembrano infatti seguire una specifica linea. Sulla stessa lunghezza d’onda si pone anche la ricercatrice Julien Saada che pure differenzia i media libanesi in base alla proprietà ed all’appartenenza politica.

Non è dunque un caso che la battaglia politica si sposti spesso in ambito mediatico o sia addirittura direttamente combattuta fra le diverse televisioni e radio, specialmente se consideriamo che in un contesto sociale come quello libanese, frammentato e diviso, i media giocano un ruolo fondamentale nella costruzione delle identità delle singole comunità locali.

Per quanto riguarda la politica cristiana, i mezzi di comunicazione sembrano persino acuire differenze e diversità intra-confessionali. Pensiamo ad esempio a Michel Aoun, cristiano e fedele alleato di Hezbollah che attraverso la sua Orange Tv propaganda contenuti cari alla coalizione dell’8 Marzo, opponendosi in tal senso alla vulgata proposta dalla Lbc o da Murr Tv. Ma è anche all’interno delle singole televisioni che si creano dissidi e contrasti fra i cristiani libanesi come testimoniato dallo scontro fra Pierre al Daher e Samir Geagea.

L’iniziale riflessione di Jamil Abou Assi (“il panorama mediatico libanese ricalca lo scenario politico locale”) si rivela dunque corretta e rispondente alla realtà. Si tratta in parte di un’eredità della guerra civile quando il proliferare di diverse emittenti radiofoniche e televisive era giustificato dalla necessità di fornire la propria autonoma ed indipendente versione dei fatti, nella convinzione che gli “altri” non garantissero lo stesso grado di correttezza ed imparzialità. Ad oggi nello specifico caso del mondo cristiano, così come nella politica, anche nel campo mediatico quest’ultimo appare diviso ed in conflitto non riuscendo, ma forse nemmeno volendo, a  trovare un’unica voce comune che si faccia garante ed interprete delle proprie istanze.