Visioni mediorientali al Middle East Now

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La diffusione della cultura araba in Italia potrebbe passare sempre più anche dal cinema. Al bassissimo numero di titoli arabi distribuiti all’estero, corrisponde infatti almeno in Italia la crescita del successo di iniziative come il Middle East Now – Festival di cinema, documentari, arti visive, fotografia, cultura contemporanea, cibo ed eventi sul Medio Oriente e Nord Africa, giunto quest’anno alla sua quinta edizione. Dal 9 al 14 Aprile 2014 una settimana di proiezioni, la città di Firenze si immersa nei profumi e nelle tonalità mediorientali, attirando alle sue proiezioni, alle sue mostre e ai suoi incontri, esperti del settore e semplici curiosi. A seguire il Festival per Arab media Report, c’era Elena Rossi che ci racconta dei momenti e dei titoli più significativi. 

 

Dalla Palestina – La retrospettiva su Hany Abu-Hassad

Per la prima volta al Festival Middle East Now di Firenze è stata presentata la retrospettiva sul regista palestinese Hany Abu-Hassad che ha firmato il successo Omar, presentato come anteprima in Italia.

Protagonista di questa storia di vita e di guerra è Omar, un giovane combattente palestinese che cerca di vivere con dignità nel pieno dell’occupazione israeliana insieme al suo gruppo di amici. Ogni cosa, persino l’amore è ostacolato da quel muro erto da Israele sul territorio occupato. Omar subisce soprusi e violenze, conseguenze dell’uccisione di un militare israeliano nel corso di un atto di resistenza. In un crescendo drammatico, Omar viene arrestato, tradito dai compagni e vede andare in frantumi ogni sogno, compreso quello del matrimonio. “Il film racconta quello che avviene nell’amicizia, nell’amore e nel rapporto tra il tuo bisogno ed il tuo desiderio. Deve farti vedere quello che non ami vedere”, ha spiegato il regista. All’anteprima palestinese, il pubblico di Gaza ha accolto Omar con sentito entusiasmo: “È importante la continuità del film palestinese. Il regista Hany Abu-Hassad pone l’accento sulla discussione di tematiche importanti come la resistenza, il popolo, la patria palestinese e la sua lotta per l’indipendenza”. “Il popolo deve superare le mura di costrizione che lo circondano e deve perseverare nella sua lotta per la libertà. Se si osserva Omar nella sua azione, notiamo che non si stanca mai.” “Tutti vogliamo essere Omar per sparare all’ufficiale israeliano. I nostri giudizi sono positivi a fine proiezione.”

 

Dal Marocco

Ben distante dalla drammaticità di Omar, è visibile il giovane successo della produzione marocchina. Si tratta del road-movie هم الكلاب (Loro sono i cani) del regista Hisham Lasri. Una satira pungente sulla realtà contemporanea del Marocco ricostruita dalla vita di un ex detenuto che dopo 30 anni di prigione trova tutto cambiato intorno a lui diventando il soggetto di un documentario televisivo. Non c’è niente di più realistico che svelare con una telecamera le contraddizioni della moderna Casablanca. “Non ho potuto mentire: la gente sapeva che la camera della troupe li filmava ed era ‘un personaggio’ nel film”, afferma Hisham Lasri.

Altra regista marocchina al festival è Karima Zoubir che ha presentato il suo ultimo film ‘إمرأة/كاميرا ossia Camera/Woman, storia di una fotografa marocchina che si rende indipendente all’interno di una società improntata su schemi maschili. Con naturalezza la Zoubir si sofferma sul contrasto tra il mondo della felicità e dell’immaginazione e la vita reale con tutte quelle difficoltà che una donna in divenire deve affrontare.

 

Dall’Algeria

La visione femminile alla regia sembra “parlare” con un tono dolce-amaro, così che la guerra si può raccontare anche in forma giocosa e quasi onirica. Questo accade in Bloody Beans, film diretto da Narimane Mari. La trama è incentrata su un gruppo di bambini algerini che con coraggio sfida l’esercito francese durante l’occupazione, saccheggiando una base per non mangiare ogni giorno i fagioli rossi che danno il titolo al film. Importante è la presenza di immagini allegoriche, prima fra tutte quella del colore stesso dei fagioli – quel rosso che, nell’opera della Mari, ricorda il sangue delle vittime della guerra.

 

I documentari dall’Afghanistan e dalla Siria

Aumenta la presenza incisiva di regia al femminile, la presenza al festival del documentario No Burqas Behind Bars di Nima Sarvestani, che mostra l’agghiacciante realtà delle prigioni afghane dove convivono accalcate le detenute, scappate dai matrimoni imposti e dalle violenze subite dagli uomini delle loro famiglie, insieme ai loro bambini. Quello che avviene è che la prigione diviene un luogo di rifugio a confronto della violenza atroce e indelebile subita nel corpo e nell’anima. Quello della Sarvestani è uno sguardo glaciale che non aggiunge niente alle storie che mostra: il respiro di libertà è un’utopia di un mondo altro per le donne spettro.  

Tra le altre anteprime spicca il documentario Return to Homs del regista siriano Talal Derki.