Se i media nazionali continuano a negare la centralità del movimento operaio nelle proteste anti-regime, la stampa, vicina alle richieste dei lavoratori egiziani tenta di rappresentare scioperi e rivendicazioni come parte essenziale del movimento di rivolta. In particolare, la regione del Delta del Nilo è descritta dai principali media nazionali come il centro di continui scontri tra attivisti, operai e contadini, da una parte, polizia e forze di sicurezza, dall’altra. Queste proteste vengono raccontate dai media ufficiali come distinte dalle più generali richieste dei movimenti urbani.
Sin dal 2008 invece, le rivendicazioni dei lavoratori della regione sono confluite in scioperi e occupazioni di fabbriche. E così la stampa indipendente ha coperto quotidianamente le richieste del movimento operaio. Questo è successo tanto su alcuni siti, come Al-Ahram online e Al–Masry al-Youm, che su blog, come arabawy e sada, e su portali vicini al Centro egiziano per lo sviluppo economico e i diritti sociali, come elwadynews e cp-egypt.
Operai e contadini: cancellazione del debito e diritti sindacali
Negli ultimi mesi, le proteste nelle regioni di Sharkeya e Gharbiya hanno spesso preceduto le principali manifestazioni contro gli islamisti. Queste contestazioni hanno avuto luogo prima che iniziassero in tutto il Paese le proteste contro il decreto con il quale, lo scorso 22 novembre, il presidente Mohammed Mursi ha tentato di aumentare i suoi poteri. In questo caso, mentre la televisione di stato annunciava la cancellazione dei debiti dei contadini, inferiori ai 1200 euro, a dare voce al malcontento dei lavoratori del Delta è stato un articolo di Marwa Hussein, apparso su Al-Ahram online il 26 novembre 2012. Nel testo un operaio e un contadino, Mahmoud Fahmi, Hashem Farag, hanno denunciato la mancata cancellazione del debito da parte della Banca per lo sviluppo agricolo.
La stessa distinzione tra media ufficiali e indipendenti emerge a occhio nudo quando si parla di diritti sindacali. Se la televisione pubblica ha spesso definito lo scioglimento del sindacato unico, gestito dall’ex Partito nazionale democratico di Hosni Mubarak, come una delle principali conquiste delle rivolte del 2011, la stampa vicina al movimento operaio ha avuto da sempre idee differenti. In un articolo apparso nel gennaio 2013 sul sito sada, il docente Joel Beinin ha avvertito: “I lavoratori non sono stati al centro dell’arena politica del post-Mubarak. I Fratelli Musulmani non vogliono riformare le istituzioni (del vecchio regime, ndr) ma estendere il loro controllo su di esse.”
La nuova Costituzione e i diritti dei lavoratori
L’approvazione della Costituzione è stato un altro evento in cui la differenza di copertura tra media nazionali e stampa indipendente è evidente. Senza prestare particolare attenzione ai lavoratori egiziani, i media governativi si sono limitati a descriverli come orientati per il no al referendum costituzionale o propensi al boicottaggio del voto.
I siti vicini ai movimenti dei lavoratori hanno invece sottolineato più volte i motivi del loro rifiuto verso la legge fondamentale. Un articolo, apparso su Al-Ahram online il 31 ottobre scorso, ha citato un comunicato del Sindacato dei commercianti che recitava: “senza lavoratori e contadini, il Parlamento non rappresenterà le speranze reali degli individui e della società e non garantirà lo sviluppo economico e sociale.” Dal canto suo, in una serie di tweet, ripresi dai siti cp-egypt e elwadynews alla vigilia del referendum, il politico Khaled Ali ha duramente criticato la nuova Costituzione: “Non sono previsti pensioni minime e salari massimi. La Costituzione apre alla privatizzazione del Nilo, delle sue rive e delle sue acque per l’irrigazione. Diminuisce la quota di lavoratori nei consigli direttivi delle aziende pubbliche da metà a un quarto.”
Gli scioperi e lo scontro con gli islamisti
Osservando quanto pubblicato durante i grandi scioperi degli ultimi mesi, si nota che a coprire gli eventi sono stati soprattutto i siti indipendenti. Questi hanno raccontato le principali proteste degli operai egiziani: lo stop ai trasporti pubblici ad Alessandria e le contestazioni dei lavoratori del porto di Ayn Sokhna, le rimostranze nelle fabbriche di ceramica Cleopatra a Suez, passando per quelle avvenute all’interno delle industrie del cemento di Tora, del tabacco di Giza e tessili di Mahalla al-Kubra. La televisione di stato ha invece stigmatizzato gli scioperi, definendoli come “causa dello stallo del sistema produttivo” e descrivendo le proteste come “settoriali e distinte” dal movimento rivoluzionario.
Tuttavia, la stampa vicina ai lavoratori ha denunciato il tentativo di imbavagliare il movimento operaio da parte della giunta militare prima e del governo islamista poi. Secondo i tweet dell’attivista Hossam el-Hamalawi, ripresi dal suo blog arabawy, dal settembre 2011 “le manifestazione dei lavoratori hanno preso la forma di opposizione al governo militare e alla militarizzazione della dirigenza delle principali industrie egiziane”. Mentre in merito allo scontro con il governo dei Fratelli Musulmani ha aggiunto: “Gli islamisti non hanno partecipato agli scioperi generali. Anzi, insieme al consiglio militare, distribuivano documenti in cui si chiedeva di lavorare di più nei giorni di sciopero.” Gli attivisti vicini al movimento dei lavoratori rappresentano gli islamisti come intenzionati a fermare una riorganizzazione sindacale delle fabbriche e puntano il dito contro la brutalità delle forze di polizia nel reprimere le manifestazioni degli ultimi mesi.
In vista delle elezioni parlamentari continua la rappresentazione divergente dei movimenti dei lavoratori tra media ufficiali e indipendenti. Se le violenze della città del Delta Mansura sono state raccontate dalla televisione pubblica come uno scontro tra attivisti e forze di sicurezza, i siti indipendenti descrivono le proteste come azioni di disobbedienza civile.