#AllEyesOnISIS: la sofisticata strategia dello Stato Islamico su Twitter

14/07/2014
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Mentre i militanti dello Stato islamico di Iraq e Siria, Isis, (da poche settimane ribattezzatosi Stato islamico) stanno tentando di allargare i confini del Califfato proclamato lo scorso 29 giugno, una battaglia differente e parallela si combatte sui social media. I sostenitori dello Stato Islamico l’hanno definita “Twitter Storm”, una descrizione calzante per la frenetica attività del gruppo che ha messo in piedi una sofisticata strategia mediatica.

L’utilizzo delle nuove tecnologie da parte dei gruppi terroristi per diffondere propaganda, reclutare e finanziare le proprie attività non rappresenta una novità, tantomeno nel panorama dei movimenti jihadisti. La stessa attività mediatica da parte dello Stato Islamico, in modo particolare dopo aver diffuso immagini sulle esecuzioni di massa ai danni dei soldati iracheni, ha trovato largo eco nelle ultime settimane sia sulla stampa occidentale sia su quella araba. Tuttavia un elemento che spesso viene tralasciato a livello di analisi giornalistica è il modo con il quale lo Stato Islamico sta veicolando e controllando la sua propaganda attraverso i social media, con una strategia ben congegnata, anche da un punto di vista puramente tecnologico, che appare in forte contrasto con i richiami ad un passato ideale di cui il messaggio dello Stato Islamico è imbevuto.

Uno dei principali elementi di questa strategia è ad esempio un’applicazione denominata Fajr al-Basha’ir (@Fajr991 su Twitter), “Alba delle buone notizie”, ideata per postare in modo automatico tweet su quanto accade in Siria, Iraq, nel mondo arabo e, di recente, nel Califfato. L’applicazione posta anche tutte le pubblicazioni ufficiali dello Stato Islamico. Mediante un particolare algoritmo, queste vengono retwittate da quanti hanno scaricato l’applicazione, permettendo in tal modo una rapida diffusione dei messaggi.

La app lavora in simbiosi con @en_alhayat, un account Twitter che si occupa principalmente di diffondere il materiale di propaganda in lingue differenti dall’arabo. A questo si aggiungono Al-I’itisam e Ajnad, due media foundation che postano in media dopo circa 30 minuti le versioni in lingua francese, inglese, tedesca e russa dei comunicati e video dello Stato Islamico. Se da una parte questa dinamica indica lo stretto coordinamento tra i vari apparati dell’organizzazione, dall’altro sottolinea la costante preoccupazione del gruppo di rendere la propria propaganda quanto più accessibile possibile al di fuori del mondo arabo. Questo elemento risponde all’evidente tentativo del gruppo di raggiungere con il suo messaggio potenziali reclute occidentali e continuare ad attirare un numero crescente di combattenti stranieri. Secondo le stime dell’intelligence europea, la maggior parte di quanti decidono di recarsi in Siria ed Iraq per combattere il Jihad finisce difatti proprio tra le fila dello Stato Islamico.

La diffusione del messaggio è poi garantita da una vasta rete di sostegno che lo Stato Islamico mantiene su Twitter. Un network fatto di militanti sul campo, cyber-attivisti e simpatizzanti, non direttamente legati al gruppo, rappresenta il secondo tassello di questa strategia.

Account come @Minbar_s, @Dawla_NewsMedia, @ISIS_Conquests o @isisnews3 sono dietro le principali campagne social del gruppo, per l’appunto tempeste di tweet uniti mediante un hashtag come nel caso di #AllEyesOnISIS o #SykesPicotOver.

Nel primo caso la campagna era diretta a mostrare il sostegno per lo Stato Islamico nel corso della sua recente offensiva nel nord dell’Iraq mediante messaggi di sostegno da ogni parte del mondo, al quale si è poi aggiunta la ‘One billion campaig’, lanciata su YouTube con video postati in diverse lingue. Nel secondo caso i sostenitori dello Stato islamico hanno diffuso messaggi per celebrare la de facto cancellazione del confine tra Siria ed Iraq segnati alla fine della prima guerra mondiale, che ha poi ha aperto la strada alla proclamazione del Califfato da parte dell’emiro Abu Bakr al-Baghdadi. La stessa proclamazione del Califfato ha trovato nei fatti il suo compimento ufficiale sullo stesso Twitter, quando sin dalla sera prima gli accounts pro-ISIS avevano iniziato a postare notizie sull’annuncio imminente da parte del gruppo.

La preponderanza di Twitter nella strategia mediatica dello Stato islamico risponde in parte all’immediatezza con il quale il messaggio è veicolato su questa piattaforma, utilizzata in modo simile per postare notizie in tempo reale sulle operazioni sul campo del gruppo, bollettini di guerra e comunicati. Tuttavia pagine di sostegno sono diffuse anche su Facebook, nonostante per lo più sotto forma di gruppi chiusi. In alcuni di questi, simpatizzanti dello Stato Islamico hanno iniziato anche a promuovere la vendita di gadget, felpe e t-shirt con il logo dell’organizzazione o con scritte quali ‘We are all ISIS’ o ‘Fight for Freedom Unitil the Last Drop of Blood’, pagine che sono state tuttavia rimosse quasi subito da Facebook. La casa produttrice indonesiana dietro l’iniziativa, Rezji.com, che si presenta come un ‘distributore di cultura anti-occidentale’, non sarebbe direttamente legata allo Stato Islamico. Tuttavia la crescente diffusione di pagine e accounts pro-ISIS sottolinea quanto l’organizzazione stia puntando sui social media per ottenere legittimità e suggerisce quando questa strategia mediatica riscuota in parte un certo successo.