Al-Jazeera comincia a dare segni di debolezza e lo fa proprio nella sua patria, mostrandosi mortalmente offesa e indignata verso un giornale di Doha, The Peninsula, che ha avuto l’audacia di pubblicare dei dati sconvenienti per il network dell’emiro. Secondo l’ultimo rapporto “Media use in the Middle East” della Northwestern University in Qatar (NU-Q) ripreso dal quotidiano, nei paesi travolti dalla primavera araba sono in pochi a considerare Al-Jazeera come una vera e propria fonte di informazioni.
Nonostante Al-Jazeera abbia dato ampia copertura mediatica alle rivolte in Bahrein, rivolte scomode per il Qatar che vedono una popolazione a maggioranza sciita mettere in discussione i regnanti sunniti, solo il 4percento dei bahreiniti intervistati dalla NU-Q hanno dichiarato di considerare Al-Jazeera come una fonte di news. Alcuni hanno preferito i media locali come Al-Watan (10%), media stranieri come la BBC (8percento), altri hanno lasciato i media per i social network come Facebook (11percento), e alla fine di questo elenco si trova Al-Jazeera con solo il 4percento. Dati crudeli per un network che ha ricevuto riconoscimenti internazionali per il suo documentario “Bahrain: shouting in the dark” in cui si denunciavano le violenze nell’isola.
L’Amnesty International Media Award e il premio per la miglior televisione internazionale al Robert Kennedy Journalism Award non sono bastati a convincere i bahreiniti a guardare Al Jazeera. Per molti di loro Al Jazeera rimane infatti il network di quell’emiro che due anni fa inviò forze armate e militari nell’isola per soffocare le proteste.
In Tunisia si ha uno scenario simile: solo il 9% della popolazione considera Al-Jazeera una fonte di notizie, ultima in classifica a pari merito con Al-Arabiya. Primo fra tutti si afferma Facebook con il 52percento seguito dai media locali. Anche in Tunisia la politica del Qatar ha sconcertato il paese. I tunisini hanno assistito alla scena più paradossale della loro storia recente quando hanno dovuto festeggiare il primo anniversario dalla liberazione del loro Paese da un dittatore con la visita dell’emiro del Qatar, un regnante non democratico.
Altro paese nello studio della Northwestern University in Qatar a creare qualche imbarazzo ad Al-Jazeera è l’Egitto, dove il network di Doha compare come fonte di notizie solo dopo media locali come Al-Hayat e media stranieri come CBC. Eppure, anche in Egitto la politica del Qatar è stata piuttosto invasiva. I finanziamenti concessi dal Qatar all’Egitto post-Mubarak sono stati paragonati al Piano Marshall: una generosità nel momento del bisogno a cui, secondo molti, dovrà corrispondere una riconoscenza di lunga durata con pesanti ripercussioni politiche.
Al Jazeera è quindi indignata per questi insuccessi nell’ingrata regione e per l’audacia con cui un giornale locale ha mostrato pubblicamente questi dati dolorosi. Molti infatti ritengono che anche l’avventura statunitense di Al-Jazeera America abbia delle finalità più regionali. La CNN infatti rimane il primo network in Medio Oriente secondo il sondaggio della Synovate’s EMS Survey.
Colpire la CNN al cuore in America e indebolirla in patria potrebbe portare a un successo di riflesso nel mondo arabo. Chissà, si attende il lancio di Al-Jazeera America previsto per luglio per capire se questo network dal nome esotico uscirà vittorioso dalla conquista più difficile, quella degli americani.
Questo articolo è stato pubblicato su Reset-Dialogues on Civilizations