News Media in the Arab World: A Study of 10 Arab and Muslim Countries

News Media in the Arab World

La base empirica rappresenta senza dubbio il punto di forza di News Media in the Arab World. Nato da una ricerca ancora in fieri del Dipartimento di Media e Comunicazione dell’Università di Leicester, il volume, curato da Barrie Gunter e Roger Dickinson, si presenta come una collettanea di saggi volti ad offrire un ennesimo spiraglio sul panorama sempre più variegato delle pubblicazioni che oggi riguardano l’ascesa dei nuovi media nel mondo arabo. Dieci i paesi presi in considerazione: Bahrein, Egitto, Iraq, Kuwait, Libia, Qatar, Oman, Palestina, Arabia Saudita e Emirati Arabi. Le piattaforme informative afferenti a questi paesi arabi e a maggioranza musulmana – gli autori perdoneranno il cavillo con cui si va a ritoccare leggermente il sottotitolo dell’opera, per evitare usuali fraintendimenti circa la formazione religiosa dei singoli stati – vengono esaminate e proposte al lettore con la giusta combinazione tra volontà speculativa e scientificità dell’analisi.

Come sottolineano i curatori nella premessa, al principio furono internet e i canali di informazione satellitare, “assaggini iniziali che hanno stimolato nuovi appetiti nel mondo arabo e che hanno creato una copertura delle informazioni più affamata e meno provinciale” [p. 1]; dopo queste prime innovazioni, il mondo arabo si è mosso lungo un percorso di cambiamento sempre in fieri, provando a proporsi sulla scena mondiale con una rappresentazione mediatica pronta a sfidare la modernità. Il volume sembra costruito seguendo una volontà primariamente informativa, volta ad attrarre un pubblico fatto da non solo addetti ai lavori, come si evince dalle definizioni incluse nel saggio di apertura incentrato sui Paesi del Golfo e la trasformazione dei sistemi di informazione: gli autori puntano qui sull’indagine compilativa, poiché della stampa in ogni stato vengono offerte schede riassuntive, proponendo una piattaforma di discussione non del tutto inedita.

I lettori sono spesso avvezzi a indagini riguardanti l’ascesa dei nuovi media in quest’area geografica, come pure abituati ad analisi inerenti la capillarità e esaustività dei sistemi di informazione in Egitto. In quest’ultimo caso, nello specifico, il contributo punta sulle modalità tanto di fruizione come di programmazione dei mezzi di informazione in Egitto. Partendo da una carrellata storica sull’evoluzione della stampa, sottolineando anche l’impatto che i giornali egiziani hanno sull’intero mondo arabo quali corifei e cassa di risonanza per l’informatività in generale in lingua araba, il testo contiene un’interessante sezione volta a fornire delucidazioni sul ruolo che i giornali cartacei egiziani rivestono accanto a quelli in formato elettronico, attraendo fasce di pubblico sempre più ampie e varie, evitando pertanto una diffusione di notizie limitata e elitaria.

Tra i vari saggi inclusi nella collettanea spiccano per originalità della collocazione geografica gli scritti riguardanti Palestina, Iraq e Libia. Della Palestina i due studiosi Zaki Hassan Nuseybeh e Roger Dickinson offrono essenzialmente una mappatura dell’evoluzione storica della stampa e dei nuovi media nell’area geografica presa in considerazione, a partire dalla diffusione della carta stampata nell’epoca Ottomana sino ad arrivare agli anni più recenti, passando dalla crisi dei mezzi di informazione nel 2007, dopo la vittoria di Hamas e la separazione politica e ideologica della Palestina in territori sotto l’egida di Al-Fatah (Ramallah) e Hamas (Gaza). Questa separazione interna ha indubbiamente immobilizzato la legislatura palestinese e la conseguente pubblicazione e diffusione della stampa e dei libri. Con l’aggiunta ingerenza di Israele, si può facilmente intuire lo stato di paralisi in cui versa il mondo mediatico palestinese. Dal 2008 la maggior parte dei quotidiani è disponibile online, con la nascita di siti specializzati anche nella lotta per la libertà di espressione quali Electronic Intifada, Maan News Agency, solo per citarne alcuni. Quando il saggio porta il lettore in Iraq, invece, si è proiettati davanti a un’analisi riguardante uno speciale settore di media arabi, vale a dire quello inerente allo sfruttamento dei nuovi media dai vari personaggi che si candidano alla direzione politica del paese. Con il primato ottenuto da Baghdad TV, la diffusione delle interviste è stata interpretata come uno strumento inedito per valutare il coinvolgimento dei lettori/spettatori. Secondo gli autori è possibile pertanto proporre diverse chiavi di analisi, quali innanzitutto il tipo di considerazione dato a ciascun candidato oppure la stessa relazione spaziale che intercorre tra ogni candidato e i vari concorrenti, all’interno dei programmi di informazione.

Il panorama delle news relative alla Libia è proposto attraverso un’analisi che ne rivela lo stato in continuo mutamento: in questo caso l’indagine si basa sulle modalità di fruizione delle notizie. Il saggio rivela qui un punto di forza molto interessante, per qualità dei fattori presi in considerazione – reiterati schemi e motivi che alimentano la ricezione delle informazioni –, il tutto elaborato attraverso un questionario somministrato a studenti non ancora laureati tra il 17 e i 24 anni iscritti all’Università Al-Fateh di Tripoli.

L’intero volume offre dunque una mappatura geografica variegata e variamente esaustiva e originale. Qual che sia il futuro delle notizie nel mondo arabo, come si chiedono in chiusura i due curatori del volume, esso certamente passa, oggi come ieri, attraverso fattori politici alternatamente incoraggianti e censori che da sempre dominano la scena politica degli stati arabi. Se Al-Jazeera prova a dare un’immagine sempre più informatizzata dei media arabi, la sfida alla modernità è tuttavia sempre aperta e estremamente segnata da una fragilità endemica dovuta alla stessa debolezza di cui sono affetti molti governi arabi.