La voce di Maitre Abdennour. Come la vicenda El-Khabar sta risvegliando l’Algeria.

27/06/2016
sit-in di protesta in solidarietà del giornale El-Khabar

Ali Yahia Abdennour, classe 1921, è un personaggio importante per la storia dei diritti umani in Algeria. Fondatore a metà degli anni ottanta della Ligue Algérienne pour la Defense des Droits de l’Homme, nel corso della sua lunga vita è stato arrestato e incarcerato diverse volte, prima durante il dominio francese negli anni cinquanta, poi dal regime algerino negli anni ottanta. Si è da sempre battuto per il cambiamento democratico all’interno del suo paese, l’Algeria. Un paese tanto strategico nello scacchiere energetico mondiale, quanto assente nei notiziari internazionali dei principali media occidentali, ma non per questo privo di problemi economici e sociali.

Negli ultimi anni, ormai anziano e stanco, Abdennour si era ritirato dalla scena politica e si era limitato a guardare, rassegnato, la corruzione dilagante nel paese, così come le sistematiche violazioni delle libertà di opinione ed espressione. Fino all’11 maggio scorso, giorno in cui tra le pagine del più importante quotidiano algerino, El-Watan, è comparsa una lunga requisitoria firmata proprio da lui, l’anziano avvocato Abdennour, nella quale egli denuncia le sanzioni e le azioni giudiziarie intentate dal Governo contro il giornale arabofono indipendente El-Khabar.

Qui di seguito un estratto del suo articolo, tradotto in italiano dall’originale in francese.

 

“L’accanimento nei confronti del giornale El-Khabar. Un errore giudiziario e una colpa politica
El-Watan, 11 maggio 2016
(…)Il Ministro delle Comunicazioni ha pronunciato un discorso di odio, settarismo e intolleranza nei confronti del gruppo editoriale El-Khabar. La deriva del pensiero è una debolezza politica non scusabile. Portavoce della ragion di Stato, egli si è perduto in espressioni inutili, ha fatto appello a degli anatemi ingiustificabili sulla base di argomenti falsi e perniciosi.
Egli, chiaramente non padrone neanche dei suoi pensieri e delle sue parole, ha osato porre la questione sui principi deontologici e etici che regolano la professione del giornalista. Egli in realtà vuole soffocare la libertà di espressione. Egli si pone al di sopra della legge, quando il suo ruolo dovrebbe essere quello di far sì che venga applicata, in tutte le sue declinazioni. Egli ha mancato di obiettività e di prudenza nelle sue affermazioni nei confronti di El-Khabar, la cui unica colpa è quella di aver criticato il potere.
Infatti, secondo il Ministro delle Comunicazioni, criticare a giusto titolo il potere equivarrebbe a una blasfemia e a un crimine di lesa maestà. La democrazia è l’oggetto del dibattito e della battaglia da portare avanti sul piano politico.

Negli argomenti, pieni di menzogne, usati per cercare di estromettere El-Khabar dall’arena politica, il Ministro dà prova di ubbidienza nei confronti dei vertici dello Stato, suoi committenti.

Il potere cerca di controllare l’informazione e coloro che la detengono per reindirizzarli verso una propaganda che soddisfi i suoi scopi.
Quando lo Stato esercita diritti illimitati sui suoi cittadini,  non esiste nient’altro che arbitrarietà, dispotismo, dittatura.

In virtù di quale diritto un regime eletto attraverso votazioni per gran parte truccate, che si è contraddistinto per essersi opposto a qualsiasi apertura democratica, che non ha permesso l’emergere di figure politiche legalmente elette che rispecchino tutte le tendenze della società e le aspirazioni della popolazione, può governare un paese e imporsi alla schiacciante maggioranza dei cittadini? Esso non può che governare attraverso un sistema dittatoriale.
Il Regime ha tentato di demotivare e depoliticizzare la popolazione algerina, con l’obiettivo di costruire una società dove tutto proviene dallo Stato e tutto ritorna ad esso. In realtà, il potere appartiene al popolo, a cui va restituita la sua autodeterminazione; è nel popolo che risiedono la legittimità, la legalità e la sovranità.

Infatti, la questione della legittimità di un governo si pone ogni volta in cui vi è conflitto, opposizione o discordanza tra il regime al potere e la volontà di una nazione, tra le aspirazioni del popolo e le ambizioni dei potenti.
Nel momento in cui lo Stato non rispetta più i diritti stabiliti dalla Costituzione, esso distrugge il diritto in quanto tale. Allora non esiste più una Costituzione.

Il potere dice di difendere i diritti umani, ma in realtà li reprime, li sbeffeggia, li viola. Il potere è unico, centralizzato, padrone di tutto, dispotico, assoggettante il popolo allo Stato. Non c’è diritto che tenga contro di lui.
Il popolo algerino non si riconosce in questo potere che ha confiscato la sovranità popolare attraverso un sistema di inquadramento, sorveglianza e controllo sui cittadini. Le bugie fanno parte, ormai, della politica di Stato, per quanto concerne sia la presunta “santità” del Presidente, che le divisioni esistenti ai vertici del Governo che da anni bloccano il dinamismo politico del paese.

Mai il fallimento del potere è stato così evidente, mai l’attesa di un cambiamento del sistema politico – e non di un cambiamento all’interno del sistema –  è stata tanto sentita. Il popolo algerino è sotto controllo poliziesco. Il ruolo dei corpi militari e polizieschi è, a dir poco, eccessivo.
Il gruppo editoriale El-Khabar, che si trova ora a fronteggiare attacchi mirati che mettono a rischio la sua stessa esistenza, ha bisogno dell’intelligenza, dell’esperienza e del sostegno di tutti gli algerini e le algerine che difendono la libertà di espressione. L’opinione pubblica condivide la difesa di tutte le libertà e l’ascolto delle aspirazioni innovatrici provenienti dalla società, che sono stati sempre promossi dal giornale.

(…)Le opinioni espresse da El-Khabar vanno in senso contrario a quelle del potere. Accettare il fatto che non si possano toccare certi argomenti ritenuti tabù, senza attirare contro di sé le ire del potere, vorrebbe dire tollerare l’intollerabile e accettare l’inaccettabile. Infatti, attraverso il tentativo di eliminare la stampa indipendente viene messo in discussione il concetto stesso di libertà di espressione. Il potere, dunque, prova a eliminare l’opposizione, eliminando gli oppositori.

Lo scontro nato tra il regime ed El-Khabar sfocerà in una prova di forza che metterà a repentaglio il ruolo del gruppo editoriale e può darsi anche la sua stessa esistenza.

Quando si parla di libertà, non si fa riferimento solo alla possibilità di resistere, di opporsi, di rifiutare qualsiasi forma di attentato nei confronti del diritto di espressione, seppur così prezioso, ma anche alla possibilità di partecipare alle decisioni politiche.
La mobilitazione di tutti i cittadini, sia democratici che repubblicani, per la difesa di El-Khabar è un dovere e un obbligo. La libera stampa favorisce la libera circolazione di opinioni differenti e il confronto tra le idee, le quali sono come i chiodi: più vengono colpite, più si rafforzano, si affermano, ricavando maggior forza proprio dai colpi che vengono loro inflitti.
In questo articolo mi sono posto due obiettivi principali: esprimere la mia totale solidarietà nei confronti della stampa indipendente, in particolare di El-Khabar, e sensibilizzare gli algerini riguardo le numerose violazioni dei diritti umani esistenti nel nostro paese.

Il nostro destino è quello di vivere insieme come popolo libero, all’interno di uno Stato di diritto, di giustizia, rispettoso dei diritti umani.

Ali Yahia Abdennour

 

Nonostante la mobilitazione di intellettuali, attivisti e comuni cittadini, gli ultimi sviluppi della vicenda El-Khabar non fanno presagire finali positivi per il quotidiano. Infatti, il 15 giugno scorso il tribunale amministrativo di Bir Mourad Rais (città situata nella provincia di Algeri), ha disposto il congelamento dell’accordo di acquisizione delle azioni del gruppo editoriale El-Khabar da parte della società Ness Prod. La decisione è stata commentata dai giornalisti del quotidiano come “l’esecuzione da parte dei giudici di un ordine partito dai piani alti dello Stato” e giudicata una violazione del codice di procedura civile, in quanto non spetterebbe a un tribunale amministrativo bloccare un atto commerciale che intercorre tra due soggetti privati.

Il 23 giugno il presidente del consiglio di amministrazione del gruppo El-Khabar e il produttore del programma “Nass Stah” (“Gente di superficie”), diffuso sul canale Kbc (emittente televisiva appartenente allo stesso gruppo) sono stati convocati dalla polizia per essere interrogati nel quadro dell’inchiesta sulla mancanza di alcune autorizzazioni necessarie per poter andare in onda.

Le convocazioni dei quadri dirigenziali del gruppo editoriale sono sopraggiunte qualche ora dopo che il direttore di Kbc, Mehdi Benaissa era stato posto in custodia cautelare dalle autorità, dopo essere stato interrogato dal Procuratore della Repubblica e dal Giudice Istruttorio del Tribunale della municipalità di Sidi M’hamed (Algeri) nella notte tra il 22 e il 23 giugno.

Secondo gli inquirenti il direttore di Kbc avrebbe trasmesso il programma “Ki Hna Ki Nass” (“Tanto noi, quanto gli altri”) in uno studio posto sotto sigillo dalle autorità, che ne avevano disposto la chiusura nel 2014. Secondo Mehdi Benaissa, invece, lo stesso studio era stato precedentemente usato da altri canali televisivi privati senza che questi incappassero in azioni giudiziarie.

 

Queste misure altro non sono che il prolungamento della guerra dichiarata dalle autorità algerine al gruppo El-Khabar e a tutti i media che osano criticare il clan al potere.

L’intromissione politica nelle questioni commerciali e finanziarie di gruppi editoriali privati rappresenta a tutti gli effetti un abuso, nonché una strumentalizzazione del potere giudiziario e una violazione della libertà di espressione e del diritto all’informazione.

L’organizzazione internazionale Reporters Sans Frontiéres si è definita scioccata dalle azioni giudiziarie intraprese dal governo algerino contro il gruppo El-Khabar e ha auspicato che la vicenda venga risolta in tempi brevi dalla magistratura per non danneggiare ulteriormente la situazione finanziaria del gruppo editoriale.