Gli “sfidanti” di Asad davanti alle telecamere

03/06/2014
siria elezioni

Sullo sfondo di un conflitto pressoché irreconciliabile, secondo la propaganda governativa, le elezioni siriane saranno una dimostrazione di democraticità e resistenza di fronte a chi chiede la deposizione di Bashar al-Asad. Per la prima volta nella storia del partito Baath, non si ricorre a un plebiscito popolare in cui i cittadini vengono chiamati ad “approvare” la candidatura degli Asad, ma a delle elezioni ufficialmente aperte all’opposizione e in pratica ristrette a un paio di figure politiche selezionate con cura.

I due candidati in questione sono Maher Abdul-Hafiz Hajjar e Hassan Abdullah al-Nuri. Il primo è un ex-comunista damasceno, di quella frangia del partito comunista tollerata dal regime di Damasco, nonché parlamentare dal 2012. Il secondo si presenta come un uomo d’affari aleppino super partes tra regime e opposizione, ma è in realtà è già stato ministro per lo sviluppo amministrativo e gli affari parlamentari tra il 2000 e il 2002.

Che nessuno dei due candidati possa presentarsi come un esponente dell’opposizione non sfugge neanche all’emittente russa arabofona Rusiya al-Yaum (Russia Today), il cui conduttore Salam Musafir pone Hajjar di fronte all’inconfutabile boicottaggio delle elezioni sia da parte dell’opposizione interna che di quella espatriata, in questa intervista del 14 maggio scorso: la risposta di Hajjar è sprezzante, al punto da accusare la frangia dell’opposizione più incline al dialogo e opposta all’intervento esterno militare, il Comitato di Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico di Haytham al-Manaa, di derivare la propria legittimità da Doha e non dal popolo siriano. Più oculata la risposta di Nuri, in questa intervista rilasciata il 19 maggio all’emittente libanese filo-Hezbollah Al-Mayadeen: consapevole di non poter rappresentare l’opposizione, il candidato si rivolge infatti alla “maggioranza silenziosa (al-aghlabiyya al-samita)”, a chi non interessa chi sia il Presidente, ma solamente un salario decente e i servizi sanitari. Tale settore della popolazione è sicuramente presente in Siria, forse rappresenta la maggioranza, ma il programma del nuovo arrivato è ben poco innovativo rispetto a Bashar al-Asad.

Il fulcro delle campagne di entrambi i candidati coincide infatti con la propaganda governativa incentrata sul ripristino della sicurezza, attraverso quello che Nuri definisce “l’eroico (batal)” esercito siriano. Se si tratta di adottare il pugno di ferro con i “terroristi” dell’opposizione, Assad rimane senza dubbio l’opzione migliore visto il suo “curriculum”.

In questa intervista rilasciata il 20 maggio alla stazione radiofonica Sawt Rusiya (The Voice of Russia), Hajjar riconosce che la “crisi (azma)” siriana sia stata innescata in principio da fattori socio-economici come la disoccupazione e l’emarginazione di alcuni settori della popolazione, così come ammette siano stati commessi degli errori da parte della classe dirigente, ma non si spinge a denunciare la brutalità dell’apparato repressivo: il termine più esplicito azzardato al riguardo è una vaga “oppressione sociale (al- zulm al ijtima’iyy), attenendosi pertanto alla linea odierna del regime, che ammette l’esistenza di un movimento pacifico e legittimo all’inizio della “crisi”, ma si guarda bene dal riconoscere le proprie responsabilità nella susseguente repressione.

Anche Nuri insiste sulle cause socio-economiche della “crisi”, ma elabora per lo meno un programma più articolato sull’orientamento economico futuro del Paese: nel testo del suo programma elettorale, pubblicato dal quotidiano baathista Tishreen il 15 maggio, il candidato opta per un modello di “mercato libero intelligente (al-suq al-hurr al-dhakiyy)”, maggiori incentivi per gli imprenditori e un’ulteriore valorizzazione del settore privato. Nel corso dell’intervista sopracitata rilasciata ad Al-Mayadeen, Nuri critica inoltre il governo Assad per non aver saputo impedire la scomparsa del ceto medio, a fronte della concentrazione delle ricchezze nelle mani di una minoranza.

In primo luogo, il modello neoliberista proposto da Nuri non è affatto controcorrente rispetto alla virata attuata da Bashar al Asad nella stessa direzione, al momento della sua ascesa al potere nel 2000. Detto ciò, le critiche ristrette alla sfera socio-economica, senza azzardarsi a “sfiorare i nervi” del despotismo politico, non sono nulla di nuovo nel panorama della tolleranza di facciata inaugurata dal lancio di testate ed emittenti televisive private come al-Watan (2006) e al-Dunia TV (2007) negli anni di Bashar.

In assenza di una denuncia dell’apparato repressivo, non si intravedono possibilità di “riconciliazione (musalaha)” con gli insorti, al di là dell’utilizzo di tale altisonante parola nei programmi elettorali. Nell’intervista sopracitata con Sawt Rusiya, Hajjar sostiene per esempio che, in seguito alle dimissioni dell’inviato Onu Lakhdar Brahimi, la riconciliazione vada perseguita utilizzando il diritto internazionale per colpire i Paesi che sostengono gli insorti “terroristi” in Siria. Si afferma pertanto la priorità della lotta al “terrorismo” su ogni iniziativa di riconciliazione.

E se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla distanza dei due candidati da Bashar al-Asad e sulla loro credibilità come rappresentanti della “maggioranza silenziosa”, è sufficiente ascoltare gli elogi degli Assad tessuti da Nuri nell’intervista rilasciata ad Al-Mayadeen: “Nessuno si deve azzardare a parlare della nobile famiglia degli Asad, che ha guidato la Siria per 44 anni. Io non sono un nemico, ma un rivale di Bashar al-Asad e ciò non significa che non mi auguro una sua vittoria.”