Video -This is my privacy: studentesse giordane contro le molestie

08/04/2013
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Basta un video di due minuti e mezzo sulle molestie sessuali per creare un dibattito che riecheggia da dieci mesi nell’opinione pubblica giordana. This is my privacy , questa è la mia privacy, è il nome del filmato girato  il 9 giugno scorso da un gruppo di studentesse dell’Università della Giordania, guidate dalla professoressa Rula Qawas, ex preside della Facoltà di Lingue dell’Università di Amman che a causa del boato provocato dal video è stata costretta a lasciare la sua posizione.

All’interno del corso di teoria femminista tenuto dalla Professoressa Quawas, alcune studentesse hanno voluto mostrare le molestie verbali che ricevono quotidianamente dai ragazzi nel campus.  “Posso portati a casa?”, “Che ne dici di una ‘corsa’ per 50 dinari?” sono solo alcune delle frasi che infastidiscono le giovani.  

 

Ad accendere la miccia sono stati gli insulti diretti alle autrici del video che hanno ricevuto però anche sostegno da parte di alcuni uomini giordani autocritici. Il dibattito è stato subito ripreso dai media tradizionali. A luglio, Majed Toba, editorialista del quotidiano Al-Ghad, ha sottolineato la necessità che i media e la società giordana affrontino apertamente il fenomeno delle molestie sessuali, smettendo  di limitarsi al rimprovero della vittima.

Una delle reazioni socialmente e mediaticamente più rilevanti è stata la creazione, da parte di un gruppo di ex studentesse della professoressa, di Supporting Rula Quawas & Academic Freedom ,una  piattaforma online in suo sostegno. Il sito, che raccoglie sotto forma di diario gli articoli e i post dei social media  a sostegno della professoressa vuole “denunciare una società che preferisce silenziare il problema e denunciare la decisione del presidente dell’università che non dovrebbe rappresentare l’approccio della più antica istituzione accademica del paese”. Inoltre ha lo scopo di “sostenere una rivoluzione nel mondo accademico.”  

La principale accademia giordana è un ambiente ancora fortemente conservatore. A confermarlo non è solo la reazione del presidente che ha accusato il video di disonorare l’università, ma anche l’ondata di proteste contro il video susseguitesi nel corso delle settimane. L’attacco più eclatante contro la professoressa Quawas è stato sferrato lo scorso novembre dal professore Amjad Qourshah, assistente del corso di religioni comparate.  Usando la sua pagina Facebook, ha rivolto un appello agli studenti affinché firmassero una petizione finalizzata al licenziamento della collega.

La protesta organizzata dal professor Qourshah è stata pubblicata da un articolo del Jordan Times il 29 novembre, in cui venivano riportati i suoi commenti sulla vicenda: “il video contiene espressioni inappropriate e non offre né soluzioni nè interviste con le studentesse per capire da loro perché il fenomeno si verifica e cosa può essere fatto per porgli fine”. 

Mentre, l’articolo di Rania Sarayreh apparso il 1 dicembre sul quotidiano Al-Ghad ha sottolineato anche le voci di protesta femminili contro il video. Alcune studentesse erano presenti alla manifestazione mostrando cartelli come il seguente: “no a video dannosi … castità per l’Università della Giordania”.  Supporting Rula Quawas & Academic Freedom non ha esitato a mostrare il sostegno alla professoressa, come conferma  il commento facebook di Rana:  “Dr. Amjad cerca di negare l’esistenza di questo problema sociale. Ignorare il fenomeno delle molestie sessuali causerà il suo ripetersi e la sua accettazione da parte della nostra società ipocrita…Invece di ammettere l’esistenza del problema e trovare una soluzione prima che degeneri, si cerca di proteggere una reputazione già compromessa”.

A lanciare una petizione a difesa di Rula Quawas è stato anche un ex professore della University of Jordan, Fuad Bajjali, utilizzando la piattaforma internazionale change.org. All’inizio di dicembre è apparso su uno dei principali blog giordani, 7iber.com, il post “Harass me, if you can” di un’ex studentessa dell’Università della Giordania, Raghda Butros. Il pezzo ha generato molto reazioni sulla rete per la franchezza con cui l’autrice racconta la sua esperienza all’università e con cui esprime le sue opinioni sul tema delle molestie. In uno dei passaggi più interessanti si legge: “quello che mi colpisce ora come strano è come e perché abbia sopportato le molestie durante i quattro anni di università, come se fosse normale o inevitabile. Accadeva a tutte le donne, velate e non velate, tuttavia non conosco una singola donna, inclusa me stessa, che abbia riferito questi comportamenti, o che abbia pensato di farlo”. Infine, conclude dicendo: “ora so che il vero pericolo non è parlare, ma rimanere in silenzio”.  

Nel giro di pochi giorni This is my privacy si è trasformato da un semplice compito universitario a un vero e proprio detonatore dell’opinione pubblica giordana su uno dei principali taboo sociali del paese. La produzione del video è avvenuta nel corso di un anno, il 2012, che ha visto nel contesto regionale il lancio della campagna The uprising of Women in the Arab world, la rivolta delle donne nel mondo arabo. Servendosi dell’omonima pagina facebook, questa ha l’obiettivo di creare una piattaforma di solidarietà con e fra le attiviste dei diversi paesi per evitare che le loro lotte rimangano isolate.

Se non è ancora chiaro fino a che punto il vento delle primavere arabe abbia contagiato la Giordania, è evidente che This is my privacy abbia portato The Uprising of Women in the Arab World nel regno di re Abdullah II.