Sudan, matite colorate e arrabbiate contro Bashir

28/10/2013
copertina

Con la nuova ondata di proteste in Sudan, scoppiata a fine settembre in seguito all’annuncio della sospensione dei sussidi per il carburante alla popolazione, in migliaia si sono riversati nelle piazze e nelle strade di tutto il Paese. In soli due giorni, secondo quanto riferito da Amnesty International, sono state uccise dalla polizia oltre 50 persone con colpi di arma da fuoco. Medici e attivisti parlano, invece, di più di 100 morti, mentre il governo ha ammesso che 33 persone – compresi agenti di polizia – hanno perso la vita. Ai morti, si sono aggiunti centinaia di arresti di attivisti impegnati nelle proteste che sono andate avanti sotto lo slogan “Abena” (che in dialetto locale vuol dire “noi disobbediamo”). Il commento dei vignettisti sudanesi non si è fatto aspettare. Del resto questi disegnatori sono attivisti di quella che qualcuno ha chiamato la “rivoluzione della pizza e dell’hot dog”, sulla scia delle dichiarazioni rilasciate dal presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir e dal ministro delle finanze ‘Ali Mahmud ‘Abd al-Rasul che hanno dichiarato che i sudanesi hanno assaggiato “pizza” e “hot dog” solo dopo il colpo di stato del 1989 con cui Bashir ha preso il potere. “Nessun cittadino sudanese conosceva l’hot dog prima del regime dell’Inqadh (salvezza)” ha detto il presidente Bashir in un discorso del 19 settembre a una folla di studenti del Partito del Congresso nazionale, il partito al potere. Il giorno prima, invece, era stato il ministro delle finanze a dire che prima del 1989 i sudanesi avevano solamente sentito parlare della “pizza”, senza sapere che cosa fosse. Subito il vignettista sudanese Khalid Albaih ha proposto la sua vignetta in cui le lettere della parola “thawra”, rivoluzione, si inseriscono in un panino e una fetta di pizza o un’altra con il presidente Bashir, fiero di fronte al suo hot dog.

Khalid Albaih è probabilmente il più famoso disegnatore sudanese. Figlio dell’ambasciatore sudanese in Romania, Albaih ha dovuto lasciare la Romania e andare in Qatar quando il governo militare sudanese ha sollevato suo padre dall’incarico nel 1989. Le vignette di Albaih si caratterizzano per un tratto minimale e delle immagini essenziali che sono immediatamente comprensibili. “Ho scelto (…) di lasciare la maggior parte delle mie vignette ‘senza parole’. Cerco per quanto mi è possibile di non scrivere nulla. (…) La vignetta deve farti guardare oltre per scoprire di più, anche se non sei interessato alla politica”, ha spiegato in un’intervista. Quando Albaih ha provato a proporre le sue vignette politiche ai vari giornali, gli editori le hanno rifiutate rispondendogli che si trattava di “un affare molto pericoloso”. Ma senza farsi scoraggiare ha deciso di puntare tutto sulle nuove tecnologie: ha prima aperto il suo sito e poi ha iniziato a utilizzare Twitter, Facebook e Tumblr per diffondere i suoi disegni. “Khartoon!” si chiama la sua pagina Facebook, un gioco di parole tra la parola “cartoon” e Khartum, la capitale del Sudan. Allo stesso modo è stata intitolata anche la recente mostra dedicata ai suoi disegni a Londra da Edge of Arabia.

Una volta scoppiate le manifestazioni di ottobre, Khalid Albaih è tornato alla carica, pubblicando una vignetta dal titolo: “Uccisi 200 manifestanti in tre giorni”. Al centro, uno dei suoi omini stilizzati, con il fumetto: “La cosa meno cara in Sudan” e il cartellino del prezzo che indica: “0.00$”. In un’altra, il presidente Bashir davanti a un telo con un tranquillo paesaggio notturno dichiara: “Tutto a posto. Non c’è nulla”, senza rendersi conto del sangue che filtra alle sue spalle sotto l’immagine.

Condanne al presidente e agli attacchi sui manifestanti pacifici sono venute anche dalla matita di Talal Nayer, un altro disegnatore sudanese il cui lavoro è stato fortemente colpito dalla censura del regime. Nei suoi disegni dal tratto e dal colore molto più decisi, si vede una “Khartum che brucia” a causa di un presidente furioso e dalle mani che grondano sangue. E il cittadino comune che con un cartello chiede la rimozione del presidente (“Irhal”, va via) e viene duramente colpito dalla violenza delle repressione da parte di una polizia assimilabile alla sua arma: il manganello.

Le vignette di Migdad Eldikhery, nato nel 1984 a Omdurman, sono delle vere e proprie illustrazioni: piene di dettagli e di sfumature colpiscono per lo stile della rappresentazione. Anche Eldikhery ha commentato le ultime proteste in Sudan, anche lui ha ritratto un manifestante macchiato di sangue che regge un cartello con la scritta “Irhal” trivellato di colpi sullo sfondo di una città che grida e che brucia. Anche lui ha preso di mira il presidente Bashir, rappresentandolo a cavalcioni su un barile di petrolio, la sua pinguedine messa in risalto e contrapposta alla magrezza di un cittadino costretto a trainarlo a colpi di frusta. Oppure assiso in trono con il turbante che pian piano prende fuoco, o ancora, il presidente che guarda impaurito l’approssimarsi del venerdì (il giorno in cui si svolge la maggior parte delle proteste popolari) sul calendario: un giorno del giudizio di sventura per lui. Quest’ultimo disegno è un’evidente citazione di un’analoga vignetta del celebre disegnatore siriano ‘Ali Ferzat, in cui si vede il presidente Bashar al-Asad staccare con timore la pagina del giovedì dal calendario, consapevole che il venerdì sarebbe stato un nuovo giorno di proteste. D’altronde, non è stato solo Eldikhery ad accostare i due presidenti impegnati a contrastare le rispettive proteste. In una vignetta di Khalid Albaih intitolata “Lezioni private” si vede al-Asad che scrive alla lavagna di fronte al presidente Bashir, suo allievo: “Come uccidere una rivoluzione?”La ricetta è semplice: “Blackout mediatico, uccidere i manifestanti, dare la colpa a elementi stranieri.”