La risposta di Twitter alle teorie cospirative sulla rivoluzione egiziana

09/09/2014
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La rivoluzione egiziana è frutto di una cospirazione degli Stati Uniti. Ne è convinto Farid Al-Deeb, avvocato difensore dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak, che lo scorso 2 agosto, durante un’udienza dei processi a carico dell’ex rais, ha affermato: le rivolte di piazza Tahrir sono state un piano architettato da Washington.

Ancora una volta, la twittosfera egiziana non è rimasta insensibile a queste affermazioni e ha creato un hashtag – la cui traduzione è “il 25 gennaio secondo me” e che in in pochi giorni ha registrato più 21mila tweet.

I vari utenti hanno colto l’occasione per raccontare la loro visione soggettiva della rivolta che, nonostante il fallimento a livello politico, ha rappresentato un punto di svolta nella vita di ogni egiziano.

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@NonaElaziz – #il25gennaiosecondome la cosa più bella della mia vita

 

 

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@Zeinobia: #il25gennaiosecondome ha cambiato il mio mondo e il mondo arabo. Ha impressionato il resto del mondo grazie alla moltitudine di persone connesse tra di loro.

 

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@Helmyz1: #il25gennaiosecondome Tutti noi eravamo uniti in una sola mano, con un unico pensiero e un unico obiettivo: “Hosni Mubarak, vattene”.

 

 

Tra gli utenti c’è anche chi fa delle considerazioni sul periodo di transizione e chi utilizza l’hashtag per ricordare i martiri delle rivoluzione e degli scontri avvenuti nel periodo seguente a piazza Tahrir.

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@Ikhawan_cursed: #il25gennaiosecondome La rivoluzione è stata un bellissimo sogno che con i Fratelli Musulmani era diventata un incubo. Grazie al 30 giugno ci siamo risvegliati nella realtà.

 

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@m7mOdic: Dal 2011 al 2014 tante cose sono cambiate. C’è chi è morto, c’è chi è stato colpito, c’è chi è emigrato #il25gennaiosecondome.

 

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@TamerElSaghir: #il25gennaiosecondome lo sceick Abdallah Rahman a Mohammed Mahmoud (morto negli scontri a dicembre 2011, ndr)

 

La piazza dialettica di Twitter e la “nuova narrazione” del 25 gennaio.

Dall’analisi dei tweet emerge una netta divisione tra gli attivisti di Tahrir della prima ora – a cui si aggiunge una parte di sostenitori dei Fratelli Musulmani – e chi invece sposa la “nuova narrazione del 25 gennaio” costruita nell’ultimo anno dal regime.

Secondo i dati della Dubai School of Government, il numero di utenti di Twitter in Egitto è passato da 129,711 nell’ottobre 2011 a 519,000 nel gennaio 2013. Dopo la deposizione di Morsi nel luglio del 2013, la piattaforma ha visto l’arrivo di numerosi utenti sostenitori dell’ex generale Abdel Fattah Al-Sisi, oggi presidente.

Inoltre, l’ascesa di Sisi è passata anche dalla strumentalizzazione del significato rivoluzionario del 25 gennaio. A questa data, infatti, è stata affiancata quella che viene definita la “seconda rivoluzione”, cioè la grande manifestazione del 30 giugno del 2013 contro il governo guidato dall’islamista Mohammed Morsi, che pochi giorni dopo avrebbe portato alla sua destituzione da parte dell’esercito. La propaganda pro-Sisi ha creato, dunque, una nuova narrazione che cerca di trasformare piazza Tahrir dalla massima espressione di dissenso contro Mubarak al punto di partenza per la nascita di un “nuovo Egitto laico e democratico” guidato dall’ex capo del Consiglio Militare Supremo.

Una narrazione che si somma alla forte campagna di repressione contro i Fratelli Musulmani e tutte le forme di dissenso condotta in nome della lotta al terrorismo e della tutela della sicurezza nazionale. Lo dimostra anche lo slogan adottato dal governo ad interim per il referendum del dicembre 2013: “Vota sì alla costituzione, vota sì al 30 giugno, vota sì al 25 gennaio”.

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Lo stesso tipo di narrazione è arrivato anche sui social media e lo dimostrano alcuni tweet associati alll’hashtag “il 25 gennaio secondo me”.

Una sostenitrice di Al-Sisi ringrazia la rivoluzione per aver portato il nuovo presidente al potere:
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Un altro sostenitore di Al-Sisi twitta la locandina de “Il Pianeta delle Scimmie”, in riferimento a una battuta che Mohammed Morsi fece da presidente in un’intervista rilasciata a Time e che suscitò molta ilarità nell’opinione pubblica egiziana.

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I rivoluzionari della prima ora sono molto consapevoli del dirottamento della narrazione, come spiega Mohammed Taha:

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@creative_taha: #il25gennaiosecondome Una cospirazione contro l’Egitto. Ma l’esercito l’ha chiamata rivoluzione sino all’arrivo di Sisi.

La reazione su Twitter alle teorie cospirative.

Non è la prima volta che gli utenti di Twitter rispondono a teorie cospirative promulgate o da rappresentati delle istituzioni o dalla stampa egiziana. Uno degli esempi più significativi resta la risposta della rete alla presentatrice Rania Badawy che, lo scorso maggio, nel suo talk show in onda sull’emittente Al-Tahrir vicina ai militari, aveva affermato che il conflitto in Siria era stato premeditato dalle potenze occidentali. Come prova di questo, aveva trasmesso un episodio dei Simpson del 2011 che mostrava una jeep decorata con una precedente versione della bandiera siriana usata dai manifestanti e dai ribelli anti-Asad. Oltre a quello della Badawy, altri casi sono comparsi sui giornali locali; fra questi le storie di un piccione e di una cicogna arrestati per spionaggio.

In Medio Oriente, le teorie cospirative sono comuni. Le rivolte arabe ne avevano indebolito la presa popolare grazie al ruolo attivo dei cittadini. Ma i travagliati periodi di transizione che hanno accomunato tutti i paesi dopo la caduta dei rispettivi dittatori, hanno rivitalizzato tesi e teorie che esasperano il presunto ruolo dell’Occidente nella politica interna dei paesi mediorientali. E in Egitto, con il ritorno di una dittatura militare che si sta rivelando più feroce della precedente era Mubarak, il fenomeno è destinato a crescere, anche a causa della repressione contro chi lavora nei media ed è critico verso la presidenza.