Quando la matita fa paura al potere

06/09/2013
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La rivolta siriana ha stuzzicato le matite dei vignettisti. Il resto lo hanno fatto i social network che hanno funzionato da cassa di risonanza. Con l’avanzare della violenza, accanto ai disegni dei professionisti sono proliferati fumetti amatoriali dal contenuto più grossolano e dal tratto più incerto. La pagina Facebook Comic li-ajl Suriya, Comic4Syria, è uno dei principali raccoglitori di queste opere. È nata lo scorso luglio e ha già superato i 17.000 “mi piace”.

Fare il vignettista, tuttavia, rimane un mestiere piuttosto pericoloso nella Siria del presidente Bashar al- Assad. Il 25 agosto 2011, per esempio, un celebre caricaturista siriano è stato vittima della violenza del potere. Ali Ferzat è stato brutalmente pestato a Damasco da tre uomini con il volto coperto che lo hanno colpito sulle mani e poi abbandonato in fin di vita per strada. Fino a pochi mesi prima dell’inizio della rivoluzione siriana, Ferzat aveva evitato di rendere identificabili i bersagli della sua satira, servendosi piuttosto di simboli. È stato nel momento in cui si è reso conto che la censura alla libertà d’espressione aveva superato ogni limite che ha cambiato lo stile dei suoi disegni, passando all’evocazione di figure reali. Pare che proprio uno dei primi disegni in cui ha reso riconoscibili i bersagli della sua critica, la vignetta del presidente Assad che con una valigia in mano chiede un passaggio in macchina a Gheddafi in fuga, sia stata la miccia che ha provocato il suo pestaggio da parte degli sgherri del presidente.

È andata peggio, invece, a un altro vignettista, più giovane e meno noto di Ferzat: Akram Raslan, nato nel 1974 nella regione di Hama. Secondo le testimonianze di amici e colleghi, il 2 ottobre 2012  i servizi di sicurezza militari lo hanno prelevato dalla sede del giornale in cui lavorava  e da allora non si sono più avute sue notizie. Il tratto essenziale e le parole ridotte al minimo dei suoi disegni avevano più volte provocato il regime: la censura sui mezzi di informazione, per esempio, o le presunte riforme e il dialogo promossi dal presidente.  

La satira di Raslan non aveva risparmiato neanche la comunità internazionale che con il suo silenzio si fa di fatto complice dello spargimento di sangue in Siria.

Jaun Zero, un altro giovane vignettista che si nasconde dietro questo pseudonimo, ha invece dovuto lasciare la Siria quando il regime ha scoperto la sua vera identità.  Dallo scoppio della rivoluzione aveva iniziato a disegnare fumetti, ottenendo in breve tempo una vastissima popolarità, soprattutto virtuale.

Ma perché il potere ha da sempre considerato le vignette di satira politica come una minaccia da contrastare? Un libro, Political Cartoons in the Middle East (Markus Wiener Publishers, 1998), prova a fornire alcuni esempi e a tentare delle risposte. “ È il potenziale delle vignette politiche di generare cambiamento – liberando l’immaginazione, sfidando l’intelletto e resistendo al controllo dello Stato – che produce una reazione del genere”, scrive nel saggio introduttivo la studiosa turca Fatma Müge Göçek, curatrice del volume.

Il libro esplora varie tematiche legate ai fumetti politici e il loro fortissimo impatto sociale che deriva dal far appello, contemporaneamente, “all’intelletto, alla coscienza e al sentimento”. Coesistono in esse una verità essenziale, rappresentata dal disegno, un messaggio e uno stato d’animo, convogliati dalla tecnica e dall’immaginario allegorico comune al disegnatore e all’osservatore. E non è un caso – infatti – che nei momenti di mobilitazione popolare, la folla ricorra all’iconicità delle vignette politiche. Sempre in Siria, per esempio, alle prime manifestazioni di protesta nel 2011 i partecipanti esponevano le caricature di Ferzat. “Pian piano ho iniziato a vedere che le mie vignette erano usate dai manifestanti. Erano diventate dei simboli per loro”, ha affermato in un’ intervista il disegnatore. “La caricatura è percepita spesso come una risposta critica all’autorità; non semplice risata, o umorismo irrilevante, ma gesto intrinsecamente trasgressivo, se non addirittura sovversivo.”[1]

A Kafranbel, un villaggio nel nord-ovest della Siria, sin dalle prime manifestazioni sono comparsi cartelloni di mille colori che irridevono al presidente e ai suoi alleati, firmati semplicemente “Kafranabel occupata”, in un primo momento, e “Kafranabel liberata”, successivamente. Basandosi su elementi iconici immediatamente riconoscibili e utilizzando slogan per lo più in inglese, i cartelloni di Kafranbel sono diventati – ancora una volta grazie a Internet – celebri in tutto il mondo. Un’iconografia che attinge per lo più a elementi della cultura popolare che, una volta politicizzati, vengono restituiti alla gente.

Ed ecco che Bashar al-Asad e Vladimir Putin diventano protagonisti di caricature di locandine di film popolarissimi: si abbracciano sulla prua di una nave come nella celeberrima scena di Titanic, oppure impersonano rispettivamente Rossella O’Hara e Rhett Butler, in un abbraccio alla Via col vento

 

Note

[1] Mohamed-Salah Omri in Political Cartoons…, p. 138.