Oscar ad Argo, gli ayatollah vogliono far causa a Hollywood

18/03/2013
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L’Oscar al film hollywoodiano Argo non ha colto di sorpresa le autorità e i media iraniani. Mentre le autorità accusano la produzione americana di voler imporre la sua lettura storica degli eventi, il dibattito mediatico sul film che racconta l’operazione con cui la CIA portò fuori dall’Iran sei diplomatici statunitensi sfuggiti all’occupazione dell’ambasciata da parte di un gruppo di rivoluzionari il 4 novembre 1979 non si placa.  

Anche se il caso è scoppiato solo dopo la consegna dell’Oscar al regista e attore Ben Affleck, i media di Teheran hanno prestato grande attenzione al film già dalla sua distribuzione nelle sale americane. Il 7 novembre 2012 il sito di Press Tv, il canale di Stato in lingua inglese, accusa Affleck di aver realizzato un film “pieno di falsità e stereotipi”, in cui gli iraniani sono tutti “irrazionali, diabolici e pazzi”, mentre gli agenti CIA sono “eroici patrioti”. Secondo Press Tv, il film non è che “l’ennesimo tentativo di fomentare l’iranofobia non solo negli Usa, ma anche in tutto il mondo”.  

Di Argo si è discusso anche nella Conferenza sull’Hollywoodism, tenutasi a febbraio nell’ambito del Festival cinematografico Fajr. A riportarlo è l’Irna, l’Agenzia di stampa della Repubblica islamica, che bolla la pellicola come “anti-islamica e anti-iraniana” e come “prodotto della macchina della propaganda Usa in preparazione di una guerra contro Teheran”.  

Con la vittoria degli Oscar, la polemica si fa ancora più intensa. Il giornale conservatore Kayhan riporta le dichiarazioni del ministro della Cultura e della Guida Islamica Seyed Mohammad Hosseini: “Argo è un film contro l’Iran”. Criticata poi la partecipazione di Michelle Obama alla cerimonia di premiazione. Per la prima volta una first lady premia una pellicola, guarda caso “un film anti-Iran”, sottolineano i media.  

Il giorno dopo la premiazione, proprio a Michelle Obama è dedicata l’apertura del sito web dell’agenzia di stampa legata ai Pasdaran, Fars, che sottolinea come la casa produttrice del film è la “sionista” Warner Bros. In evidenza c’è una foto di Michelle ritoccata. Per coprirle scollatura e spalle nude, le è stato infatti “incollato” un sobrio vestito argentato, più in linea con le regole di abbigliamento locale rispetto al tubino nero indossato da Michelle per la serata.

Il canale statale televisivo Jame Jam riprende il video dell’intervista che l’ambasciatore iraniano alle Nazioni Unite Mohammad Khazei ha rilasciato il 2 marzo a CNN. Khazei definisce il film “tecnicamente debole” e invita i produttori di Argo a visitare l’Iran, dicendosi certo che subito dopo si “scuserebbero con la grande nazione dell’Iran per aver realizzato un film del genere”.  

Lo stesso sito pubblica anche il video dell’intervista realizzata a Forooz Rajaeifar, una del gruppo dei sequestratori che nel 1979 prese in ostaggio il personale dell’ambasciata. La Rajaeifar definisce il film “scorretto” per il modo in cui utilizza le interviste di repertorio del giornalista statunitense Mike Wallace allo shah e a Khomeini.  

I commenti critici si mischiano a quelli ironici. In un programma televisivo, Majid Jahanshahi, critico cinematografico ed ex direttore della fondazione Farabi, si chiede “Perché l’Oscar dato al film del regista iraniano Asghar Farhadi Una separazione è ritenuto una cosa buona mentre quello dato ad Argo è considerato una cosa cattiva? Hollywood è la stessa di un anno fa”. Il sito Asriran Web scrive: “Argo è un film contro l’Iran e sembra che Javad Shamghadri non sia stato in grado di usare la sua lobby per evitare la vittoria di un film anti-iraniano”. Il viceministro della Cultura islamica aveva infatti sostenuto di aver esercitato forti pressioni, lo scorso anno, su richiesta del presidente Ahmadinejad, per far vincere l’Oscar a Una separazione.

Il quotidiano riformista Sharq è il primo ad annunciare l’intenzione da parte delle autorità delle Repubblica islamica di avviare pratiche legali contro i produttori di Argo, colpevoli di aver fornito un’immagine “irrealistica” del Paese. L’Isna, Agenzia di stampa degli studenti iraniani, spiega che l’avvocato francese Isabelle Coutant-Peyre si è recata a Teheran per discutere le modalità con cui citare in giudizio l’industria cinematografica americana. Il portale in lingua inglese Tehran Times riporta le dichiarazioni dell’avvocato: “Non cerchiamo un risarcimento, ma vogliamo sfidare il produttore di Hollywood per fargli chiedere scusa per le menzogne dette sull’Iran”.  

Anche sui social media, dentro e fuori il Paese, la discussione su Argo si fa viva. Tra i vari tweet in persiano, spicca quello di un ragazzo: “#Argo. Io sono iraniano. Merito di essere insultato? Hanno raccontato una grossa balla. L’arte senza verità è come una mela marcia”. Su Facebook si assiste a una netta divisione tra generazioni: le più anziane, che hanno vissuto direttamente la rivoluzione, tendono a stroncare Argo senza appello; i più giovani distinguono tra lo spettacolo e il messaggio “politico”. La 21enne Sara, ad esempio, sostiene che il film sia “bello da un punto di vista artistico, ma fornisce un’immagine collettiva sbagliata dell’Iran”.

Più creativo un iraniano residente negli Stati Uniti. Sotto l’immagine di Affleck con l’Oscar in pugno, mette un virgolettato apocrifo: “Voglio ringraziare la CIA per questo premio e per avermi dato l’opportunità di raccogliere consenso per l’imminente invasione dell’Iran. Speriamo solo che la gente non cerchi su Google ‘Operazione Ajax’ e scopra che furono gli Stati Uniti a creare la situazione che portò alla crisi degli ostaggi”. Più chiaro di così.