Il discorso del nuovo califfo dell’Isil arriva fino a Roma

29/07/2014
califfo

Dai combattimenti reali a quelli satellitari. Mentre avanzando sul terreno dichiara la nascita di un nuovo califfato, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, Isil, usa la televisione per presentare il suo manifesto.

Il 5 luglio, i canali di tutto il mondo hanno trasmesso spezzoni di un filmato registrato nella città irachena di Mosul. Abu Bakr Al-Baghdadi, il ricercatissimo leader della formazione jhadista dell’Isil, è apparso pubblicamente per la prima volta per mostrare al mondo la nascita dello Stato Islamico. Al Baghdadi, il cui vero nome pare sia Ibrahim Ibn ‘Awwad Ibn Ibrahim Ibn ‘Ali Ibn Muhammad al-Badri al-Hashimi al-Husayni al-Qurashi, non ha potuto non mostrarsi dopo l’annuncio del nuovo Califfato.

L’etichetta mediatica dell’Isil, Al-Furqan  il Discrimine, dal nome di una sura coranica, non ha lasciato nulla al caso nel video della prima apparizione di Al-Baghdadi.

Dopo il classico “Nel nome di Allah il Clemente il Misericordioso”, la scritta “Al-Furqan edizioni mediatiche” e l’ulteriore “copertura speciale e preghiera del venerdì nella grande moschea di Mosul, 6 Ramadan 1435” (dell’Egira), è apparso l’aspirante nuovo Califfo che si è presentato nell’imponente moschea di Mosul vestito completamente di nero, con un turbante dello stesso colore, a sottolineare lo stato di guerra.

Barba folta, Rolex al polso, Al-Baghdadi ha iniziato la khutba, il sermone che si tiene durante la preghiera comunitaria del venerdì, in un buon arabo classico, esibendo sapienza religiosa e citando versetti coranici e hadith legati al mese di Ramadan attualmente in corso.

Sin dalle prime battute però il discorso ha dimostrato il retroterra ideologico che permea la narrazione jihadista: “E non vi è dovere in questo mese virtuoso o in qualsiasi altro mese, migliore del jihad sul sentiero di Allah, così da approfittare di questa opportunità e percorrere il sentiero dei vostri retti predecessori. Sostenete la religione di Allah attraverso il jihad sul sentiero di Allah. Andate, o mujahidin sul sentiero di Allah. Terrorizzate i nemici di Allah e cercate la morte nei luoghi in cui ci si aspetta di trovarla, perché la dunya (la vita mondana, ndr) arriverà al termine, e l’aldilà durerà per sempre”.

Questo passaggio contiene un concetto ricorrente nella narrazione jihadista, ovvero, il mese di Ramadan come il mese del Jihad, che trae origine dalle vittorie militari del Profeta Maometto. Durante il mese sacro avvennero il trionfo di Badr (II egira) e la conquista di La Mecca da parte dei musulmani guidati dal Profeta. Sempre durante Ramadan furono conquistate Gerusalemme, Costantinopoli e l’Andalusia. Al-Baghdadi prosegue: “O mujahidin sul sentiero di Allah, siate monaci durante la notte e cavalieri durante il giorno. Portate gioia nei cuori dei credenti, e mostrate ai “tawaghit” (plurale di taghut, dittatore) quello di cui avete timore (ossia, solo Allah).” E poco dopo: “Quindi prendete le armi, prendete le armi, o soldati dello stato islamico! E combattete, combattete!”

Con queste parole Al-Baghdadi prosegue sul solco della più tipica retorica radicale islamista: dalla mistica del jihad e della morte, alla lotta al taghut per designare i “governanti che pretendono i diritti di Allah”. Lo stesso termine venne usato nel 1981 per giustificare l’assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat e per giustificare l’attentato dell’11 Settembre 2001.
La lotta al taghut, la sfida al dittatore oppressivo e corrotto che non governa con la shari’ah – la legge islamica – affonda le sue radici nel concetto di hakimiyya, la sovranità esclusiva divina, per cui la sovranità risiede solo in Allah e non nel popolo che si renderebbe quindi colpevole di miscredenza ricorrendo a leggi proprie e non a quelle stabilite da Allah nel Corano.

Il discorso di Al-Baghdadi, rimbalzato in tutti gli angoli della terra in tempo reale grazie al sapiente uso del web e a capacità tecnologiche e mediatiche sempre più sviluppate, si rivolge a tutti i musulmani: “Infatti, la umma dell’Islam sta guardando il vostro jihad con occhi di speranza (…) I diritti dei musulmani sono forzatamente sequestrati in Cina, India, Palestina, Somalia, Penisola Arabica, il Caucaso, Sham (Levante), Egitto, Iraq, Indonesia, Afghanistan, Filippine, Iran (dai rāfidah Shiiti), Pakistan, Tunisia, Libia, Algeria e Marocco, in Oriente e in Occidente. Quindi elevate le vostre ambizioni, O soldati dello Stato islamico! Perché i vostri fratelli di tutto il mondo sono in attesa del vostro soccorso, e stanno anticipando le vostre brigate”.

Per rafforzare il senso di identità e unità della “umma virtuale” immaginata, i jihadisti strumentalizzano le sofferenze dei musulmani nel mondo, soffiando su un senso di risentimento che pervade il loro vocabolario. La loro produzione mediatica è tesa a far breccia non solo nei giovani arabi, ma anche nelle seconde generazioni residenti in Occidente e i convertiti. Da questa ultima fascia, provengono sempre più reclute per lo Stato islamico. Al-Baghdadi non intende fermarsi e nel finale del suo messaggio guarda anche all’Italia: “Se vi attenete ad esso, potrete conquistare Roma e possedere il mondo, se Allah vuole.”