L’occhio di Al-Jazeera sull’uscita di Mohammed Mursi

08/07/2013
AljazeeraMisr
Prima osannato dagli oppositori del vecchio faraone, poi criticato dai movimenti non islamisti, Al-Jazeera è il network che sta osservando più da vicino l’Egitto. A prestare attenzione agli eventi che hanno portato alla destituzione, per mano militare, del presidente islamista Mohammed Mursi è soprattutto Al-Jazeera Mubashir Misr, Al-Jazeera diretta
Egitto, la prima emittente a subire una chiusura forzata per mano dell’esercito. Lo stesso è accaduto a tutte i canali islamisti più noti, Al-Nas, Al-Hafez e Misr 25, la televisione dei Fratelli Musulmani. Anche se poi ha ripreso le trasmissioni, il caso di Al-Jazeera Misr è stato ancora più clamoroso. Il canale è stato oscurato nel corso di una diretta.
Al-Jazeera Mubashir Misr ha prestato attenzione a tutto il percorso che ha portato alla manifestazione contro Mursi del 30 giugno. Come faceva da tempo, ha continuato ad essere cassa di risonanza delle istanze e delle posizioni dei Fratelli Musulmani. Ha trasmesso interviste esclusivamente a leader islamisti e dirette delle conferenze stampa di quello che era ancora il presidente. Mentre il 30 giugno era alle porte, sul canale egiziano dell’emittente qatarense  venivano intervistati prima un leader della Fratellanza, Mustafa El-Beltagi e dopo un altro importante esponente del movimento come Issam El-Aryan. L’1 luglio proseguiva la campagna pro-Mursi con un’intervista al noto giornalista Fahmy Howeydi che definiva “golpe bianco” il primo comunicato in cui le Forze Armate davano a Mursi un ultimatum di 48 ore.  
 
Anche le tecniche di ripresa utilizzate dall’emittente sono state manipolatorie. La regia divideva lo schermo in due.  Da una parte piazza Rabaa al-Adawiya, dove si erano concentrati i sostenitori islamisti, veniva inquadrata dall’alto in modo da farla apparire gremita di gente.  Dall’altra piazza Tahrir ripresa da vicino così da farla sembrare meno piena del reale.
 
Subito dopo la destituzione di Mursi, il pubblico ha potuto assistere all’irruzione in diretta nella sede dell’emittente, in cui si è sentita una voce che invitava imperiosamente i presenti a seguire i militari entrati. Poi il black-out durato un giorno e alla fine il ritorno alle trasmissioni. Il tutto dopo la liberazione su cauzione del direttore della rete. Con la ripresa delle trasmissione sono iniziati nuovamente i primi piani sui leader islamisti. Basta pensare alla diretta del discorso  della Guida Suprema dei Fratelli Musulmani, Mohammed Badi’e, apparso in piazza– anche se ufficialmente sotto arresto – il 5 luglio. I discorsi intervallati da slogan e inni, avevano la costante della narrazione islamista della lotta tra Islam e  crociati infedeli. Mursi e l’ala islamista sono paragonati a Maometto e ai suoi compagni, mentre i movimenti di opposizione, l’esercito e i giudici rappresentano i “nemici dell’Islam”. 
Il massacro di islamisti per mano militare all’alba dell’8 luglio ha definitivamente spinto Al-Jazeera Misr a puntare le telecamere perennemente sulla piazza Rabaa al-Adawiya. Questa emittente è ormai così tanto identificata con gli islamisti che la conferenza stampa organizzata dall’esercito per spiegare gli eventi violenti è iniziata in ritardo a causa di una rumorosa contestazione da parte dei giornalisti egiziani che hanno voluto cacciare le telecamere di Al-Jazeera dalla sala. Dopo un paio di minuti di urla e contestazioni, il team qatarense ha abbandonato la sala nel tripudio generale. 
 
Più equilibrata, anche se evidentemente schierata con Mursi, Al-Jazeera, dedicatasi a fare il punto della situazione tramite i notiziari e ampi dibattiti, lasciando al suo canale egiziano il compito di aggiornare con frequenza. Al-Jazeera ha infatti  trasmesso numerosi programmi con ospiti di diverse tendenze che ragionavano sulla situazione. Il 2 luglio  la trasmissione periodica Ma wara’a al-khabar, Dietro la notizia, ha mandato in onda un dibattito sui possibili scenari futuri in Egitto, con numerosi esperti che chiarivano al pubblico le varie possibilità apertesi con la  nuova evoluzione. Lo stesso giorno un’ agitatissima puntata di Al-Ittijah al-Mu’akis, La direzione contraria, trasmetteva una lite furibonda tra esponenti opposti. Al-Jazeera ha avuto il pregio di concentrarsi sugli aspetti internazionali della crisi egiziana, a partire dalla chiusura del valico di Rafah ordinata dal nuovo governo, le conseguenze sullo scenario siriano e le ulteriori ripercussioni internazionali.
 
Più professionale la copertura di Al-Jazeera International, che è stata l’unica -come accade da tempo- tra i canali dell’emittente qatarense a mantenere una propria indipendenza di giudizio, coprendo gli eventi con dibattiti e approfondimenti professionali, servizi speciali e dirette televisive da tutte le piazze egiziane. Uno dei dibattiti più approfonditi andati in onda in questi giorni è stato quello del 5 luglio, trasmesso dal programma Inside Story: “The future of Islamic Brotherhood.” A parteciparvi è stato Abdulwahhab el Effendi, professore all’Università di Cambridge e specialista di Islam e democrazia, che accusava il “golpe” ma che al tempo stesso suggeriva un cambiamento nella dirigenza della Fratellanza alla luce del suo fallimento politico. 
La professionalità del canale in inglese si è anche evidenziata per il focus sulla controversa interpretazione dei fatti: Golpe, rivoluzione o nessuno dei due? Questo è il quesito che divide l’Egitto e non solo.