Jihadismo sessuale: corpi femminili a disposizione di combattenti

01/05/2013
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Mentre gli uomini compiono il jihad con le armi, sacrificando la propria vita, le donne assolvono il loro dovere di fede, mettendo il loro corpo a disposizione di maschi combattenti. Questa l’essenza di quel jihadismo sessuale sempre più diffuso in Siria che sta catturando il dibattito televisivo regionale.   

Le prime a parlarne sono state le emittenti libanesi Al-Jadida e Al-Mayyadeen che per prime hanno dato la notizia della fatwa, ordinanza religiosa, che sarebbe stata emessa su twitter dallo sceicco saudita Mohammed Al-Arefe. Mostrando il testo incriminato, Al-Jadida ha seguito da vicino la diffusione di questa fatwa tra le giovani tunisine. Altre televisioni, in particolare quelle siriane e l’iraniana Al-Alam, hanno amplificato la notizia aggiungendo particolari sulla presenza dei jihadisti arabi e sui loro misfatti contro le donne siriane violentate, perché considerate un bottino di guerra oppure perché cristiane o alawite.

Sui canali televisivi, di jihadismo sessuale si era iniziato a parlare già a febbraio, quando due genitori avevano denunciato davanti alle telecamere di <em>Al-Sada</em>  la scomparsa della loro figlia minorenne, Rahma. Chiedendo al governo di intervenire e di indagare per mettere fine a questa vergognosa tratta delle giovani tunisine ingannate dalle lusinghe dei barbuti islamisti più radicali, i genitori menzionavano informazioni secondo le quali loro figlia si trovava in Siria. Inoltre affermavano che era stata  portata lì da un’organizzazione salafita tunisina dedita all’arruolamento dei mujahidin contro il regime di Asad e al fine di garantire loro la gioia sotto le lenzuola. I promotori del jihadismo sessuale cercano quindi di convincere le giovani che arrivare a Damasco per soddisfare i bisogni sessuali dei militanti anti regime sia una strada che porta dritta verso il paradiso.

Grazie all’appello di Al-Sada, la giovane Rahma è stata salvata, proprio mentre la società civile tunisina ha iniziato a organizzare iniziative per evitare la diffusione di questa pratica. Il dibattito nei media e in particolare nelle emittenti televisive tunisine e arabe è stato dirompente. A livello regionale, sono scesi in campo nomi importanti dell’elite culturale come l’egiziano Al Huneidi sul quotidiano Al-Ahram, Hisham Gharbal su Al-Hayat, Jadallah Safa su Al-Quds. Sulle colonne di questi giornali non si è discusso soltanto la questione dell’uso del corpo della donna, ma anche il ruolo dei media come megafono che diventa strumento di guerra, inviando falsi messaggi religiosi che promettono ai combattenti arruolati in Siria donne compiacenti a libera disposizione. L’acceso dibattito non è riuscito a fermare  il jihadismo sessuale. La stampa tunisina ha parlato di almeno 13 ragazze, nella maggioranza minorenni, che sono state ingannate con il solito lavaggio di cervello. Pur senza condannare apertamente la pratica, anche il ministro tunisino per gli affari religiosi è stato costretto a prendere le distanze dalla fatwa saudita, sostenendo che “questa, ammesso che sia stata effettivamente emessa, non impegna, né il governo, né la siocietà tunisina.” Dopo l’escalation mediatica, a ritrattare è stato anche il fautore della fatwa, lo sceicco Mohammed Al-Arefe, che denunciando che  il suo accuont twitter è stato violato, accusa la propaganda siriana di aver costruito il tutto per voler minare la reputazione dei combattenti anti-Asad.

I video sono stati tradotti e sottotitolati da Paolo Gonzaga