I media libici raccontano la Costituzione

12/03/2014
farid

Soltanto 24 ore dopo la fuga del primo ministro Alì Zeidan, i media libici ne hanno dato la notizia, superati dalle emittenti satellitari del Golfo e dai social network. Le ultime vicende della sfiducia nei confronti del governo è di fatto una sorte di colpo di stato degli islamisti per meglio indirizzare le prossime elezioni e il processo di scrittura della Costituzione, dove sono in realtà ancora un’esigua minoranza del 12%. Soltanto il controllo del potere militare nelle piazze con le milizie gli permetterà di dominare la fase futura. I media in Libia sono passati dalla fase di chiusura totale, durante il periodo della dittatura militare alla libertà silenziata sotto il dominio attuale delle milizie. Nei primi due mesi del 2014 sono avvenuti 23 attacchi contro giornalisti e sedi delle redazioni. Sparatorie, sequestri, attentati alla bomba, lanci di razzi anti-carro contro le sedi e irruzioni di armati nelle redazioni. Tutti i media liberi sono sotto attacco semplicemente perché la pensano diversamente dai capi dei barbuti. Ad essere risparmiata da questo stillicidio è soltanto l’emittente televisiva statale perché già sotto l’ermetico controllo della Fratellanza Musulmana. Un esempio chiarisce il dramma che vive la libertà d’informazione nella Libia di oggi. La sede centrale di Tripoli dell’emittente Al-Asima (La Capitale), una Tv indipendente di orientamento laico, è stata attaccata da un gruppo di armati nella notte del 20 febbraio, giorno delle elezioni della Costituente, cacciati via i redattori di turno e i guardiani, la sede è stata incendiata.

La condizione di terrore ha imposto alle due emittenti più popolari, Libia Al-Ahrar ( La Libia dei liberi) e Al-Asima, di trasferire le proprie direzioni e redazioni centrali all’estero: Doha e Tunisi, mantenendo nel paese soltanto piccole equipe di coraggiosi giornalisti e operatori.

 

Costituzione

La Carta costituzionale e la procedura per la sua stesura e approvazione sono state al centro del dibattito politico e mediatico, già nel 2011 al tempo dell’insurrezione armata. Il Consiglio Nazionale Transitorio, Cnt, ha approvato una Dichiarazione costituzionale provvisoria molto avanzata, ispirata a principi democratici per uno Stato di diritto, ma che aveva lasciato in sospeso tutti i temi oggetto di scontro tra le diverse anime del movimento insurrezionale: l’applicazione della Sharia, i rapporti tra Stato e religione e l’ordinamento dello Stato. Questioni che sono emerse nel dibattito pubblico subito dopo la liberazione di Tripoli, nell’agosto 2011. Un dibattito che si è riscaldato in occasione dell’elezione della Costituente, avvenuta lo scorso 20 febbraio.

L’unica esperienza costituzionale in Libia è stata quella del regime monarchico senussita, scritta nel 1951 e quindi ci si chiede tuttora a quali fonti riferirsi: se alla carta del ’51 oppure alla Dichiarazione provvisoria del 2011.

 

Campagna elettorale sugli schermi

Durante la recente campagna elettorale per la Costituente, si è distinta la comunicazione propedeutica di Libia Al-Ahrar. Il miglior spot televisivo sul tema è stato proprio il suo e ha meritato la menzione speciale dell’Alta Commissione elettorale indipendente. “La Costituzione è la tua casa” recitava una voce fuori campo, mentre sullo schermo scorrevano simpatiche illustrazioni su una famiglia che cresce sotto un tetto protettivo. Poi la scena si riempie di altre case e altre famiglie e la voce fuori campo recita: “Un tetto che ti protegge e ci protegge tutti dalle intemperie. Iscriviti nelle liste elettorali e vota per il tuo futuro!”.

Le televisioni hanno incluso sia trasmissioni di carattere tecnico che spiegavano le procedure del processo elettorale, sia programmi di dibattito politico sui temi caldi. Il periodo della campagna elettorale per la Costituente è coinciso con la decadenza del Congresso e questo aspetto ha avvelenato il clima politico, con manifestazioni di piazza pacifiche che proclamavano elezioni politiche anticipate e nello stesso tempo irruzioni militari nella sede del Parlamento e minacce di colpi di Stato.

Il contenuto dei dibattiti politici per le emittenti private laiche era rivolto alle questioni dell’ordinamento dello Stato: parlamentare o presidenziale; Stato unitario o sistema federale; rappresentanza delle minoranze etniche. L’emittente statale invece ha privilegiato il tema dell’applicazione della Sharia. Per tutto febbraio, la trasmissione quotidiana del Mufti, Sadeq Ghariani, è stata dedicata prevalentemente alla Costituente, con indicazioni implicite di votare per i candidati islamisti.

Nella cronaca dai seggi si sono distinte la laica Libia Al-Ahrar e l’islamica Al-Naba, entrambe private. Collegamenti in video e audio in diretta dai corrispondenti da quasi tutti i capoluoghi e immediata diffusione delle informazioni dai seggi, anche da quelli che sono stati sospesi a causa degli attacchi armati oppure per il boicottaggio delle minoranze Amazigh e Tabu. Durante le lunghe dirette, sono stati pubblicati i dati dell’affluenza alle urne, con l’amara constatazione di un drastico calo dei partecipanti rispetto alle elezioni politiche del 2012. Mentre l’emittente statale si limitava a dare un’informazione asettica, privilegiando i comunicati ufficiali che esprimevano soltanto la metà piena del bicchiere: “Le elezioni sono andate bene nel 97% dei seggi e rinviate di una settimana in soltanto cinque città”. Due modi di fare informazione a confronto che hanno palesato in pieno le contraddizioni di una società che aspira alla realizzazione piena e in modo pacifico della libertà, ma che è incatenata dalla violenza dei pochi che detengono le armi.

Nella Libia di oggi, un episodio emblematico rappresenta le difficoltà del momento: il premio della miglior copertura giornalistica sulle elezioni è stato consegnato ad una bambina, la figlia del giornalista morto in un incidente stradale.