Cronaca da In Amenas. I sequestratori al telefono su Al-Jazeera

21/01/2013
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La copertura del canale arabo di Al-Jazeera dell’attacco terroristico all’impianto di estrazione di gas naturale di In Amenas, Algeria, è stata palesemente in affanno. La crisi di relazioni tra l’emittente qatarense e il governo algerino si è fatta sentire. Anche se dagli schermi di questa all-news la notizia è arrivata prima rispetto alle agenzie internazionali, la copertura diretta degli eventi è stata carente. Questa ha infatti risentito della mancanza di una sede accreditata ad Algeri e della impossibilità di ottenere un visto per suoi inviati. Al-Jazeera non ha infatti potuto gestire la cronaca degli avvenimenti con corrispondenti sul posto e con immagini proprie.

Nel primo giorno dell’attacco, le fonti principali di cui si è servita l’emittente sono state le telefonate con i sequestratori. Dalla voce, tale o presunta, di Abul Baraa – presentato come il comandante e portavoce dei sequestratori- si sono apprese le rivendicazioni dei rapitori, le prime cifre sul numero degli ostaggi e alcune loro nazionalità. Nell’intento dei terroristi, queste informazioni miravano ad aggirare la totale censura algerina e a rendere noto ai governi stranieri il pericolo che correvano i loro cittadini in ostaggio. In questa fase, Al-Jazeera ha insistito sul collegamento tra l’attacco terroristico di In Amenas e la crisi in Mali. Nel corso di una telefonata, Abul Baraa ha chiesto al governo algerino di mettere fine alla concessione dello spazio aereo locale ai caccia francesi diretti verso il Mali.

Il giorno dopo l’attacco, Al-Jazeera ha mandato in onda la telefonata di uno dei sequestratori che ha chiesto alle autorità algerine di allontanare le truppe che assediavano il complesso, di aprire  trattative con i governi interessati e di creare un salvacondotto per lasciare l’Algeria. Nella stessa giornata sono andati in diretta gli appelli di tre degli ostaggi che, tradotti simultaneamente in arabo, hanno chiesto, probabilmente sotto costrizione dei rapitori, alle autorità algerine di rompere l’assedio al complesso petrolifero per salvare le loro vite. Questi si sono rivolti ai loro governi, invitandoli a trattare. Più tardi è stata data la notizia del blitz, parlando di elicotteri su una carovana di mezzi in fuga dagli edifici del giacimento di gas. L’interlocutore telefonico dell’emittente ha parlato di bombardamento, ma questa notizia è stata smentita.

Nel pomeriggio, questa fonte si è interrotta, forse a causa della morte del comandante dell’operazione terroristica, oppure a causa delle misure restrittive intraprese dalle autorità algerine nei confronti della copertura telefonica cellulare nella zona di In Amenas.

Per bilanciare questa unilateralità delle fonti di informazioni e nella mancanza di trasparenza da parte delle autorità algerine, note per il loro eccessivo riserbo e per le mezze verità narrate in passato sui fatti di terrorismo nazionale, Al-Jazeera ha fatto ricorso a interviste telefoniche a giornalisti algerini, professori universitari esperti di sicurezza e terrorismo islamista e a qualche parlamentare o membro del governo. Dalle domande dei conduttori è emersa una certa contrapposizione alla linea di fermezza sostenuta dagli interlocutori algerini.

Nel corso di una telefonata con un ex ostaggio algerino rilasciato dai sequestratori, l’esercito è stato accusato di lassismo e le forze di sicurezza algerine sono state incolpate di non essere intervenute subito per contrastare l’attacco dei terroristi. Insinuando la presenza di falle nella sicurezza, queste accuse alludevano anche a connivenze. Nella conversazione, l’interlocutore algerino, senza nome, ma presentato come residente originario del Sahara, ha espresso giudizi pesanti sulla conferenza stampa nella quale il ministro degli interni Dahou Ould Kablia ha detto che i terroristi erano algerini e “ben conosciuti dagli abitanti locali. “La popolazione locale – ha precisato l’ex ostaggio – è infuriata con queste dichiarazioni del governo”. L’interlocutore ha anche dato informazioni interessanti sulla costituzione del gruppo di terroristi che, a suo parere, sarebbe stato formato da algerini, egiziani, tunisini e libici “guidati da un comandante non algerino che non parlava bene l’arabo. Probabilmente si trattava di un migrante da molto tempo in Occidente”. Questa notizia ha coinciso con la versione ufficiale del governo algerino.  

I siti Internet fiancheggiatori di Al-Qaeda sono stati un’altra fonte di Al-Jazeera. Questi hanno pubblicato proclami e comunicati quasi in diretta sul blitz delle truppe speciali d’assalto algerine, in particolare sulla sparatoria. Al-Jazeera è stata la prima a parlare di 35 ostaggi e 15 terroristi uccisi. Questi numeri hanno messo in difficoltà le autorità algerine, costrette a non credibili smentite, a fornire mezze verità e imbarazzanti “no comment”.

L’assenza di Al-Jazeera sui luoghi degli eventi ha ridotto la sua copertura a un lavoro redazionale attraverso il quale si sono gestite notizie di agenzia e immagini fornite da televisioni o di repertorio. Le stesse immagini delle conferenze stampa dei ministri degli Interni e delle Comunicazioni algerini sono state prese a prestito dalla Tv di Stato algerina.

Che tra Al-Jazeera e il potere algerino non scorresse buon sangue è cosa nota. La stessa emittente usa, in un proprio jingle pubblicitario, un frammento di una storica intervista-scontro tra il presidente algerino Abdelaziz Boutifliqa, all’epoca dell’intervista vice, e il conduttore egiziano Ahmed Mansour. Questo, vicino alla Fratellanza Musulmana era stato accusato da Boutifliqa di falsità e diffamazione. Nel gennaio 1999, clamorosa è stata la decisione del governo algerino di imporre un black-out alle principali città algerine per impedire alla popolazione di seguire un dibattito trasmesso da Al-Jazeera sulla guerra civile algerina. In studio era presente anche un ex diplomatico algerino oppositore. Nel giugno 2004, la sede di Al-Jazeera ad Algeri è stata chiusa e ai giornalisti è stata negata la concessione del visti d’ingresso.  

La linea editoriale di Al-Jazeera, collaterale alla politica estera dell’emirato del Qatar e fortemente sostenitrice delle componenti islamiche, in particolar modo di quelle salafite, la rende un emittente sgradita a molti centri di potere nei paesi arabi. Grazie alla sua perseveranza, oggettività e professionalità, Al-Jazeera ha spesso vinto la sua battaglia, ma ci sono stati casi in cui si è tradita, mostrando una faziosità inaccettabile.  

Nell’ attuale crisi algerina, si sono avvertite l’influenza di questa sfida di sottofondo e l’opposizione all’intervento francese in Mali, anche se questo non è mai stato dichiarato palesemente. Non a caso, già il giorno dopo il blitz, Al-Jazeera ha messo in secondo piano la notizia algerina, servendosi di notizie di agenzie, molte volte senza immagini. La difficoltà dell’emittente sul territorio algerino si può percepire considerando le 24 ore di ritardo con le quali è stata data la notizia delle critiche di Abbas Madani, ex capo del Fronte Islamico di Salvezza Nazionale, alla condotta del governo di Algeri.  Le immagini delle manifestazioni di protesta contro la concessione del sorvolo dello spazio aereo algerino ai caccia francesi diretti in Mali, avvenute venerdì 18 gennaio, sono state trasmesse soltanto il giorno dopo.