“Welcome to Islamic State Land”
Gli Usa cercano di fermare il successo in rete di ISIS

10/09/2014
islamicland

A pochi giorni dalla diffusione dei video che mostrano le decapitazioni di James Foley e Steven Sotloff, l’ISIS, non allenta la presa sui mezzi di comunicazione. Nuovi video sono apparsi nelle ultime ore a confermare il successo di quella che il National Counterterrorism Center americano chiama “la più grande macchina della propaganda” dell’estremismo islamico, mentre le campagne di proselitismo del movimento sui social fanno registrare nuovi picchi di adesione e centinaia di migliaia di visualizzazioni per ogni video pubblicato. Ma il web non è il campo di battaglia solo per lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Negli ultimi mesi, il Dipartimento di Stato americano ha lanciato una nuova strategia comunicativa, creando frettolosamente un canale YouTube in inglese e una campagna Twitter (con 7000 follower) per “denunciare le assurdità” e le “calunnie” del Califfato. Ma l’ultimo video pubblicato, risalente al 22 agosto, ha generato non poche controversie e sollevato imbarazzanti interrogativi sull’efficacia dell’iniziativa.

La produzione, intitolata Welcome to the ‘Islamic State’ land (ISIS/ISIL), ridicolizza il marketing del fondamentalismo, facendo ironia sulla retorica e l’estetica del martirio. La scelta dell’inglese, che affianca arabo, urdu e somalo già in uso dagli antiterroristi governativi, dimostra il successo dell’Isil anche tra i membri di una comunità tradizionalmente più impermeabile al richiamo fondamentalista. Come in uno spot elettorale, un montaggio di slogan e immagini “accattivanti” offre una macabra iniziazione al terrorismo. “Correte, non camminate, verso lo Stato Islamico”; unitevi al Califfato per “acquisire nuove competenze”; imparate come “far saltare in aria le moschee”, “crocifiggere i musulmani”, “sperperare le risorse pubbliche”, “farvi esplodere nei luoghi di preghiera”; “non avrete nemmeno bisogno di comprare il biglietto di ritorno!”.
Queste sono alcune delle frasi che scorrono in sovraimpressione, a commento di spezzoni e fotografie in cui assistiamo al bombardamento di una moschea, a esecuzioni di civili, inclusa una decapitazione, e all’esplosione di un mujahid.

Le immagini, estrapolate dai video di propaganda dell’Isis, mostrano un nemico brutale che “annienta famiglie e distrugge il proprio patrimonio”. L’effetto satirico starebbe nel paradosso che oppone la tragedia catturata sullo schermo alla demagogia delirante del movimento. E l’ultima schermata invita il pubblico a riflettere proprio sullo scollamento tra realtà e illusione: “Think Again, Turn Away”, lo slogan della campagna Twitter che sostiene questa iniziativa, invita i potenziali simpatizzanti a prendere le distanze da un fenomeno disumanizzante. 

TATA

Tuttavia, se queste sono le intenzioni di Welcome to the ‘Islamic State’, gli esiti sono diversi. Riciclare la propaganda del Califfato alimenta la circolazione di un messaggio pericoloso, che non è detto tutti decodificheranno allo stesso modo. Inoltre molti utenti non hanno condiviso la scelta di usare un tono satirico per un argomento così drammatico, alcuni hanno accusato il governo di dilapidare le risorse pubbliche per un’iniziativa che non sembra avere un’audience precisa di riferimento, mentre altri hanno espresso preoccupazione che la campagna possa suscitare una reazione opposta. Gli studiosi di psichiatria e psicologia del terrorismo ritengono, ad esempio, che il video ecciti il pubblico, rischiando di spingere alcuni soggetti sensibili, soprattutto maschi, ad avvicinarsi al movimento come una sorta di sfida.

Ora è ancora troppo presto per valutare l’impatto della campagna. Quello che resta, però, è il sintomo di una percezione possibilmente ritardata o imprecisa di questo fenomeno social da parte del governo statunitense. Le reazioni al video mostrano infatti l’assenza di un consenso collettivo sulle strategie con cui il governo intende contrastare il dilagare del fondamentalismo online e rafforzano l’immagine della controparte, proprio a ridosso del discorso con il quale il presidente Barack Obama mette nero su bianco la sua strategia per annientare il Califfato.