Choueiri: “l’inventore” della pubblicità sui media arabi

24/04/2014
choueiri

Uno spot durante lo show “Arabs got talent”, in onda in prima serata su MBC, costa circa mille dollari al secondo. Nella stessa fascia oraria su LBCI in Libano non si arriva a 200 dollari. I prezzi, si sa, li fa il mercato, ma nel mondo arabo – dall’Arabia Saudita al Marocco – il mercato della pubblicità lo fa chi lo ha creato: Antoine Choueiri.

Per ogni dollaro speso in pubblicità sulle tv satellitari arabe, quasi due terzi (oltre un miliardo di dollari) passano per lo Choueiri Group, un impero che gestisce gli spazi pubblicitari di 30 canali televisivi,11 quotidiani, 9 periodici, 10 stazioni radio, e possiede decine di migliaia di cartelloni pubblicitari sparsi in tutto il Medio Oriente.

Dopo la sua morte, nel 2010, Antoine Choueiri ha lasciato il suo impero nelle mani del figlio Pierre. Per farsi un’idea di chi era suo padre sarebbe bastato andare ai suoi funerali. In prima fila, nella cattedrale maronita di St. George a Beirut, c’erano quasi tutti i vertici delle forze politiche del Libano. Mentre fuori, una folla di persone comuni aspettava la sua salma a suon di applausi. Antoine Choueiri, infatti, oltre a essere tra i 50 arabi più influenti del mondo, secondo la classifica di arabianbusiness.com era anche stato presidente della Sagesse, una delle squadre di basket più blasonate del paese dei Cedri che, sotto la sua guida, ha vinto 19 tornei in dieci anni, comprese tre coppe d’Asia consecutive.

Nato nel ’39 a Beirut, Choueiri rivela sin da giovanissimo un fiuto innato per gli affari. A 20, con in tasca un diploma da contabile preso alle scuole serali, fa una carriera fulminante nell’azienda di import-export di beni di lusso Abou Adal, diventandone direttore commerciale. La Abou Adal possiede anche due giornali. Choueiri comincia a fiutare l’enorme potenziale di crescita del mercato della pubblicità sui media.

Nel 1971, licenziatosi dal suo vecchio impiego, crea la “Regie Generale de presse”, prima concessionaria pubblicitaria del Libano, che gestisce la pubblicità dei maggiori quotidiani libanesi, come l’Orient le Jour e Al-Safir. La guerra civile lo porta a unirsi alla diaspora libanese a Parigi, dove resta dieci anni e agisce da distributore europeo di quotidiani panarabi come Al- Watan al-Arabi.

Il confronto con l’Europa gli fa capire che le petromonarchie del Golfo spendono troppo poco in pubblicità, e non è certo un problema di dollari. Si tratta invece di creare un mercato che è soltanto allo stato embrionale. Nel 1984, crea la società Arabian Outdoor che inonda l’Arabia Saudita con decine di migliaia di cartelloni pubblicitari e introduce per la prima volta i Mupi, i pannelli pubblicitari in vetro e alluminio piantonati sui marciapiedi delle città, tanto di moda nelle capitali europee.  

Intanto a Beirut, nel 1985, nasce l’emittente terrestre LBC che affida a Choueri tutta la sua gestione commerciale. Ma ben presto Choueiri capisce che in una regione dove oltre 350 milioni di persone parlano la stessa lingua il futuro sta nelle tv satellitari.

Dagli studi di Londra, nel 1991 la MBC lancia in orbita il suo primo canale. Qualche anno dopo, nel 1996, Choueiri risponde promuovendo la creazione del canale libanese LBC Sat e stabilisce una società a Dubai per curare gli affari del gruppo nella regione.

Ed è proprio nella città degli Emirati che lo Choueiri Group fa il suo salto di qualità. Dopo aver inserito tra i suoi clienti Dubai Tv, nel 2005 firma un accordo per gestire in esclusiva gli spazi pubblicitari del gigante panarabo MBC che con i suoi dodici canali fa arrivare film, news e intrattenimento nelle case di oltre 150 milioni di arabi.  Questo è il salto di qualità che dà al gruppo un’egemonia assoluta sul mercato pubblicitario.

“Oggi possiamo dare ai nostri clienti la possibilità di raggiungere 270 milioni di arabi”, spiega ad Arab Media Report Pierre Choueiri, che ha ereditato dal padre la guida del gruppo.

Ma a fronte di numeri così grandi, molti nodi rimangono ancora legati: “I nostri principali problemi nella regione – spiega Choueiri –  sono la mancanza di trasparenza nei dati d’ascolto e, soprattutto, il fatto che in pubblicità si spende ancora troppo poco: la spesa pubblicitaria pro capite supera a malapena i 10 dollari”. Se si considera che in Europa occidentale, la spesa pubblicitaria pro capite è di 262 euro i conti sono presto fatti. Per fare un paragone, quei mille dollari al secondo raccolti in pubblicità durante Arabs Got Talent, diventano quasi cinquemila per l’omologo “Italia’s Got Talent” su Mediaset.

E mentre in paesi come il Regno Unito il 32 per cento della spesa pubblicitaria viene assorbita dal digitale, nel mondo arabo si arriva appena al 4 per cento. “Già nel 2000 – spiega Choueiri –  ci eravamo entusiasmati per il potenziale di crescita del mercato pubblicitario sul web, ma mio padre disse che ci voleva ancora tempo prima che decollasse.”  La Digital Media Service, società con cui il gruppo vende spazi pubblicitari sulle piattaforme digitali, è stata lanciata solo nel 2010, pochi mesi prima della morte di Antoine Choueiri. Ma il core business del gruppo rimane il satellite: “Dieci anni fa avevano decretato la morte della televisione. Oggi la tv è più viva che mai e le tv satellitari in chiaro rimangono ancora l’unico mercato sostenibile ed efficace per chi nella nostra regione lavora con la pubblicità”. Ancora una volta suo padre ci aveva visto giusto.