La campagna #FreeAziz, in sostegno del blogger tunisino

21/05/2014
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La notte del 13 maggio alla Goulette, quartiere di Tunisi, Azyz Amami, noto blogger e attivista tunisino, è stato arrestato insieme all’amico fotografo Sabri Ben Mlouka.

È sufficiente ripercorrere alcune tappe della storia recente e dell’attività di Azyz per comprenderne le ragioni.

Nelle ultime settimane prima dell’arresto, Azyz ed altri attivisti/e stavano lavorando sul caso dei giovani tunisini interpellati dalla polizia ed incriminati per aver partecipato alla rivoluzione, con l’accusa di aver danneggiato beni materiali, incendiato stazioni di polizia o altri immobili. La lista dei nomi è arrivata ad oggi a 68 persone, e continua a crescere. Tra questi vi sono fratelli, sorelle e parenti delle vittime della rivoluzione. Per evidenziare l’ingiustizia e denunciare la criminalizzazione dei protagonisti della rivoluzione, accolta da tutti formalmente come una vittoria dei giovani contro la dittatura, Azyz aveva lanciato una campagna facebook chiamata “Anche io ho bruciato una stazione di polizia”.

Inoltre, durante un’intervista televisiva, Azyz aveva dichiarato che, se davvero il Governo tunisino avesse voluto incriminare i responsabili degli incendi nelle stazioni di polizia del Paese, avrebbe dovuto cominciare dai poliziotti stessi. Azyz sostiene infatti di avere prove video che mostrano alcuni poliziotti incendiare la propria stazione di polizia per eliminare archivi e prove delle violazioni e delle torture perpetrate durante il regime di Ben Ali. La stazione di polizia in questione è proprio quella della Goulette. È legittimo sospettare che i poliziotti della Goulette stessero pensando alla pagina Facebook di Azyz o alle sue dichiarazioni televisive mentre lo pestavano e interrogavano arbitrariamente.

Nello stesso periodo, Azyz stava sostenendo attivamente la battaglia delle famiglie delle vittime della rivoluzione, scioccate dalla sentenza del Tribunale Militare (e non civile) che il 12 aprile 2014 ha drasticamente alleggerito le condanne ai responsabili della repressione durante le rivolte, che ha causato la morte di più di trecento giovani. La sentenza di fatto permetterà il rilascio delle alte cariche di polizia e dell’esercito che, dopo meno di tre anni, potranno tornare in libertà. L’unica condanna confermata è quella all’ex presidente Ben Ali, fuggito con la sua famiglia in Arabia Saudita.

Il capo d’accusa per Azyz e Sabri è quello già ampiamente utilizzato durante il regime di Ben Ali e anche nei mesi scorsi, ossia il consumo e spaccio di droghe leggere. Questa sorte è già toccata a molti attivisti e artisti Tunisini, che nel 2013 sono stati arrestati e imprigionati con la medesima accusa. A partire da ciò, un ulteriore elemento del dibattito è l’utilizzo del codice penale risalente al periodo della dittatura, e ancora non armonizzato con la nuova Costituzione.

È quindi convinzione di molti che Azyz sia stato arrestato arbitrariamente e attraverso delle false accuse, con l’evidente intento di mettere a tacere una delle voci più attive nel denunciare la repressione poliziesca, divenendone a sua volta un bersaglio. L’arresto di Azyz e di Sabri non è un caso isolato, ma rientrerebbe invece in una strategia più ampia, messa in opera da Polizia e Governo, finalizzata a delegittimare la Rivoluzione e in continuità con i metodi del regime di Ben Ali.

La campagna di sostegno per “Les enfants du peuple”

Nel corso della conferenza stampa Khaled Amami, padre di Azyz, ha denunciato l’arresto arbitrario e le violenze subite: Azyz sarebbe stato picchiato dalla polizia e trattenuto in caserma per diverse ore prima di poter comunicare con la famiglia e con gli avvocati.

Gli avvocati hanno inoltre dichiarato che Sabri avrebbe ricevuto da parte della Polizia la proposta di scaricare le responsabilità su Azyz, in cambio del rilascio immediato. Proposta che Sabri ha rifiutato, ma che dimostra ancora una volta l’inconsistenza delle accuse e la volontà politica di colpire un blogger conosciuto come Azyz.

Gli avvocati hanno anche giustamente ricordato come il processo di criminalizzazione delle lotte sociali in Tunisia non sia circoscritto a questo caso, ma sia invece molto più ampio: decine di giovani sono nella medesima situazione di Azyz, pur non avendo la stessa visibilità. Azyz diviene così un caso emblematico della repressione, proprio perché protagonista delle lotte per la giustizia sociale in Tunisia.

Durante la conferenza stampa sono stati presentati i prossimi appuntamenti pubblici della mobilitazione in difesa di Azyz, Sabri e di tutti gli altri attivisti che sono stati arrestati o che sono stati colpiti dalla persecuzione poliziesca. Oggi, 21 maggio, alle 17 si svolgerà a Tunisi, presso il cinema Rio, un incontro di approfondimento e di discussione organizzato dagli amici di Azyz e Sabri.

Domani, giovedì 22, verranno organizzati ulteriori momenti pubblici di sensibilizzazione in vista della prima udienza del processo di venerdì, giornata in cui è stata indetta una manifestazione di fronte al tribunale di Bab Bnet, a Tunisi, alle 9.00.

Gli appuntamenti e le mobilitazioni vengono organizzate giorno per giorno ed è stata creata una pagina Facebook con costanti aggiornamenti. Tra le diverse iniziative, particolare rilievo sarà dato alla giornata di giovedì prossimo, in cui si svolgerà la proiezione di alcuni film girati da attivisti che si trovano ora in carcere per aver documentato la violenza del governo e il tentativo di delegittimare la rivoluzione attraverso la repressione.

Per approfondimenti
http://www.tunisia-in-red.org/?p=3863
http://www.tunisia-in-red.org/?p=3852

Pubblichiamo di seguito l’appello per la liberazione di Azyz e di tutti gli attivisti arrestati, che può essere sottoscritto qui.

 

APPELLO

Vari governi si sono succeduti e ogni volta si è creduto che un’altra Tunisia fosse possibile. In contrasto con questo sogno, vi è una realtà deludente e spesso scioccante. Oggi i giovani vengono arrestati per aver avuto l’audacia di dire no al sistema e per aver attaccato i commissariati di polizia in quegli storici momenti in cui solo il loro coraggio ha contribuito a cambiare il volto del mondo . Primi ad aver gridato il loro rifiuto del sistema in un paese incancrenito dalla corruzione e afflitto dalla la povertà, oggi si trovano sul banco degli accusati per “lesa autorità”. Questi giovani hanno creduto di vivere un periodo epico, ma le decisioni dei governi che si sono succeduti per metterli a tacere non hanno mai avuto nulla di epico . Al contrario , intimidazione e pressioni per zittire i giovani ancora indomabili perché insoddisfatti delle politiche, insoddisfatti delle condizioni di vita in un paese a cui hanno dato tutto e che ha loro voltato le spalle con ingratitudine.

Azyz Amami ha alzato la voce per protestare contro questa ingiustizia . Recentemente aveva condotto una campagna denominata “Anch’io ho dato fuoco a una stazione di polizia” per la liberazione dei giovani incriminati per aver resistito – pacificamente- e lottato per rovesciare la dittatura e reclamare la libertà . Mentre tutto il mondo ci guarda con ammirazione , qui si mettono in carcere i nostri pensatori. I governi cambiano, i resistenti al sistema sono gli stessi, perché le leggi sono le stesse.

Nulla è cambiato. Azyz Amami ha parlato ed è stato arrestato martedì 13 maggio 2014 per “possesso di cannabis con l’intento di farne uso” con la famosa legge 52 utilizzata dai seguaci di Ben Ali per mettere a tacere le voci dissenzienti . È urgente oggi porre fine a questi metodi repressivi di cui sono vittime i giovani.

Chiediamo a Mehdi Jomaa, Mostapha Ben Jaafar e Moncef Marzouki (*) di prendere le loro responsabilità storiche: rilasciare questi giovani ingiustamente incarcerati e rivedere la legge 52, del tutto in contraddizione con la nuova era in cui è entrata la Tunisia. Non dimentichiamo che è grazie a quei giovani se ora essi occupano quei posti, è grazie a loro se una democrazia è in costruzione, unicamente grazie a loro.

* rispettivamente Primo Ministro, Presidente dell’Assemblea Nazionale Costituente e presidente della Repubblica.

 

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Articolo originariamente apparso su GlobalProject.info